Democrazia, fratellanza, giustizia, inclusione, libertà, pace, uguaglianza: sono questi i princìpi attorno a cui si sono radunate le 50mila persone stimate in piazza del Popolo a Roma sabato 15 marzo, una data destinata a rimanere una pietra miliare della partecipazione popolare al processo d’integrazione europea. Chiamati a raccolta da Michele Serra, le decine di migliaia di cittadini che hanno risposto all’appello lanciato a favore dell’Europa dal giornalista di Repubblica sono stati l’esemplificazione dello spirito europeista che dovrebbe animare i popoli dei Paesi appartenenti all’Unione europea per poter procedere lungo l’ardua e intricata strada della federazione continentale. Serra, che aveva chiesto quale svolta sostanziale ci sarebbe se il primo punto del programma e dell’azione politica di tutte le forze democratiche europee fosse l’unità politica dell’Europa, si era volutamente rivolto alla gente comune e alle espressioni della società civile con un chiaro intento apartitico per non ingenerare equivoci di alcun tipo. Purtroppo le sue lodevoli intenzioni espresse in buona fede sono state fuorviate e travisate da chi non perde occasione per mettere le dita nelle piaghe di un’Europa vista come matrigna e causa di tutti i mali possibili e immaginabili.
I detrattori hanno approfittato della molteplicità e varietà delle anime presenti al raduno per sottolineare la contrapposizione tra pacifisti e guerrafondai, senza tener conto che comunque la si pensi l’espansionismo di Putin obbliga gli europei, orfani dell’assistenza militare garantita dagli Stati Uniti che sotto la presidenza Trump hanno preso le distanze dagli ormai ex alleati d’oltre oceano, a rispolverare l’antica locuzione latina si vis pacem para bellum. Ad ogni modo ogni stanziamento in campo militare deve essere indirizzato alla realizzazione di un’autentica difesa comune europea e non al riarmo dei singoli eserciti nazionali, perché questa sarebbe un’opzione priva di senso.
Però lo spirito condiviso dai presenti in piazza del Popolo a Roma era ben altro, con un denominatore comune che gli euroscettici hanno dimostrato di temere tenendosi alla larga, ovvero l’unità nella diversità che contraddistingue il federalismo europeo e fa riferimento al contenuto del Manifesto di Ventotene redatto da alcuni dei padri fondatori dell’Europa. La figlia di uno di loro, Renata Colorni, era sul palco ed è intervenuta per ricordare la figura del padre Eugenio trucidato dai fascisti che lo avevano mandato al confino nell’isola pontina dove il documento programmatico del federalismo europeo vide la luce nel 1941, in pieno conflitto mondiale. Da lì, e dal superamento del nazionalismo che tante vittime e distruzioni ha causato nel corso dei secoli, nasce l’idea del superamento degli stati nazionali e dell’avvicinamento all’unione federale che ha prodotto ottant’anni di pace e prosperità in Europa.
Già, ma dov’erano sabato scorso i rappresentanti degli schieramenti governativi? Una volta di più sono stati assenti, come lo sono anche in provincia di Sondrio in ogni occasione in cui vengono chiamati a confrontarsi sulle tematiche europeiste che evidentemente non apprezzano e, anzi, disdegnano. Allora va chiarito senza fraintendimenti che la vera discriminante politica non è più quella tra destra e sinistra, conservatori e progressisti, rivoluzionari e reazionari, ma solo ed esclusivamente quella, evidenziata in piazza del Popolo, tra federalisti europei da una parte e nazionalisti malcelati da sovranisti dall’altra, ovvero tra chi vuole procedere verso un’Europa più integrata e coloro che, al contrario, nascondono la loro avversione all’idea dell’Unione europea trincerandosi dietro il sistema intergovernativo attualmente in vigore, del tutto inefficace e inconcludente. Questo modello sì che è inutile, non la manifestazione di sabato scorso, come sostengono invece giornalisti portavoce della premier Giorgia Meloni.
A Roma si respirava un’aria nuova, gioiosa, pacifica e partecipata, evocatrice delle piazze di un tempo, che erano il luogo in cui le idee si incontravano, circolavano contagiosamente e si difendevano, e forse possono tornare ad esserlo per impedire che diventino presidi identitari sempre più isolati dal resto del mondo. Una classe politica incapace di proporre altro che vuoti slogan propagandistici dovrebbe tenerne conto e scegliere da che parte stare, se con Trump che adesso detesta l’Europa oppure con chi la vuole viva e vegeta nel contesto internazionale, perché è fondamentale conoscere le regole del gioco e gli obiettivi che realisticamente si possono perseguire d’ora in poi.
Giuseppe Enrico Brivio - segretario della sezione “Ezio Vedovelli” Valtellina-Valchiavenna del Movimento federalista europeo
Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l’Europa di Sondrio