La carrozza e la Mosca
Per una strada lunga, era, sassosa
e tortuosa, esposta a pieno sole,
sei robusti cavalli ivano a stento,
tirando una Carrozza. La pietosa
gente era scesa, vecchi, donne e frati:
e i cavalli sudati
e trafelati
eran lì lì per credere,
quando arrivò una Mosca, che volando,
punzecchiando, e di qua, di là ronzando,
pensa che tocchi a lei spinger la macchina.
Posa al timone, sulla punta siede
dal naso al carrozzier e, quando vede
che la macchina o bene o mal cammina,
si ringalluzzì tutta la sciocchina.
Va e viene e si riscalda colla boria
d’un capitan di vaglia,
allor che muove in mezzo a una battaglia
i dispersi soldati alla vittoria.
“E non vi pare indegno”
pensava quella stolta bestiola,
“che a spingere sia sola,
mentre legge il fra taccio in pace santa
il breviario e questa donna canta?
Forse che col cantar si tira il legno?”.
Intanto che l’insetto ronza queste
note moleste, il legno arrivò su.
E la Mosca: “Buon Dio, ci siamo alfine
Su queste alte colline.
Ehi, signori cavalli, ringraziatemi,
la strada ora va in piano,
non vi rincresca a far la buonamano”.
Così fanno quei certi faccendoni,
che nelle imprese sembran necessari,
e guastan gli affari – in ogni cosa,
gente importuna, inutile e noiosa.