Il lavoro dura due anni e, a dispetto della genesi descritta, l’album ha un suono estremamente naturale e compatto. In particolare colpisce fin dal primo ascolto la grande fantasia di timbri e colori del chitarrista, decisamente molto più groove e creativo rispetto alle prove di country-jazz, a mio modo di vedere in parte estenuanti, dopo la svolta dell’album Nashville nel 1997.
La musica è un unico, denso flusso, descrive paesaggi sonori fatti di micro-cellule tonali, piccole variazioni, temi accennati e subito sommersi. Non ci sono assoli, tutto è molto fluido ed accattivante. Difficile dare etichettature, ci sono più anime che si fondono nel crogiuolo: spruzzate rock, chitarre country, l’immaginazione fervida di Frisell, il solido sostegno percussivo di Chamberlein, la cornetta eterea di Miles all’unisono con il violino di Kang nel descrivere onirici viaggi .
Un album finalmente diverso e molto attuale a distanza di tredici anni, complesso nella sua apparente semplicità, fruibile sia dall’abituale appassionato di jazz come dai più attenti e ricettivi rock-fans.
Nelle note di copertina viene data particolare enfasi al parallelo che intercorre tra il lavoro di Townsend/Martine con quello che Teo Macero fece con i nastri di Miles Davis. Difficile pronunciarsi, le differenze tecnologiche rispetto a cinquant’anni fa sono estreme, e l’album che si usa come pietra di paragone, l’immaginifico In a silent way, è a mio parere cosa molto diversa e capolavoro imparagonabile al cospetto del pur pregevole Floratone.
Track listing: Floratone; The Wanderer; Mississippi Rising; The Passenger; Swamped; Monsoon; Louisiana Lowboat; The Future; Take a Look; Frontiers; Threadbare.
Personnel: Bill Frisell: electric and acoustic guitars, loops; Matt Chamberlain: drums, percussion, loops; Tucker Martine: producer; Lee Townsend: producer. With guests: Viktor Krauss: acoustic and electric bass; Ron Miles: cornet (1-3, 7, 8); Eyvind Kang: violin and viola (1-3, 7, 8).
Roberto Dell’Ava