Croce di nervi e muscoli, Pietro,
la mascella serrata sul mondo,
lo sguardo divorato dall'attesa
ai blocchi di partenza, e quella curva
[fatale
come una piccola rotta astrale,
un breve giro nell'armonia del dolore
prima della retta finale, della liberazione…
I tuoi 200 metri, Pietro, erano prova mistica,
frusta del sole sulla pelle azzurra,
cimento contro la grave natura,
come fu per i nostri antenati
nella savana dalle erbe arse
la corsa verso la salvezza:
ora preda ora predatori.
Lunga fu la tua ricerca della perfezione:
dalle sfide con le auto
– 50 metri e 500 lire
per un panino e un biglietto del cinema –
per le vie della sconfitta
– ah il pallido possente Valerij Borzov,
poetica e sovietica macchina vitruviana –
per il primato rarefatto
nell'aria azteca, 19"72!,
per la gloria del vento a Mosca '80
nell'impossibile rimonta ad Allan Wells
(fibra da Isola del tesoro)
dove furono 2 centesimi di secondo a separarvi
– barlume d'eternità –
sulla linea del traguardo
quando la tua sconfitta mutò in trionfo
e il tuo sorriso stentato, un ghigno
felice e storto, ti allontanò
per un momento dalle ombre.
Adesso che non sei più, Pietro,
avvertiamo ancora lo strider dolce
della tua falcata e la nervosa attesa
dello starter è musica celeste,
e tu corri, corri, corri…
sapendo che esser primo o secondo
è talora solo uno scherzo del destino…
e corri, corri, corri…
nel silenzio a tagliarti l'antico volto
il sorriso felice di un bambino.
Alberto Figliolia