È assurdo
dice la ragione
È quel che è
dice l’amore
È infelicità
dice il calcolo
Non è altro che dolore
dice la paura
È vano
dice il giudizio
È quel che è
dice l’amore
È ridicolo
dice l’orgoglio
È avventato
dice la prudenza
È impossibile
dice l’esperienza
È quel che è
dice l’amore
(Erich Fried, “È quel che è”)
Come l’amore anche la poesia è quel che è. Ispirazione del momento, sensazioni vissute che affiorano dall’inconscio, immagini che appaiono all’improvviso allo sguardo, semplice gioco di parole.
Come la vita, la poesia è ritmo. Oggi abbiamo perso l’abitudine ad ascoltare versi accompagnati dalla melodia ma, nell’antichità, parola e musica erano tutt’uno, indissolubili. L’una serviva a dare enfasi e corpo all’altra. Nella cultura orale, saghe e poemi epici si tramandavano di generazione in generazione grazie all’accompagnamento della cetra. E l’aedo raccontava storia e leggenda. I romani facevano poesia basandosi sull’alternanza di sillabe lunghe e brevi per creare il dinamismo interno al verso, l’andamento. Tanto che, oggi, senza metrica, la lettura in esametri è storpia, defraudata dal suo vero senso.
Poesia è musica. Nel Medioevo il canto serviva alla memoria. Per ricordare i passi liturgici, si segnavano neumi sotto il testo scritto. Le scholae cantorum, preparavano raffinati esecutori che diventavano i custodi della tradizione.
Poesia è onomatopea, suono, sfumatura. È pulsare di sillabe che si inseguono. E la parola mostra di volta in volta le sue mille facce. Si accoppia con le sue simili: parole anch’esse. O se ne allontana, le respinge. Le frammenta e ricostruisce. La lingua sonda e scopre le sue potenzialità.
Per questo tradurre è un po’ tradire, specie in poesia.
Poesia è quel che è. Romantica o didascalica, eroica o minimale. Divina Commedia e quartina ermetica.
Il mondo intorno è poesia. Quello della natura o della fabbrica. Il fiore / amore di Saba e l’Incendiario di Palazzeschi. Così in questa raccolta confezionata “con parole sue”, per Lubomirski diventa poesia anche la “crisi bancaria del 2008”… Per i viali dell’ottimizzazione dei profitti / nei giardini / del crimine.
Per ricordarci che, proprio perché assoluta e quotidiana insieme:
La poesia però / attraversa la porta / dei millenni / illesa.
Umberto Broccoli
Karl Lubomirski (foto), nato nel 1939 a Hall in Tirol, è cresciuto e ha compiuto i suoi studi a Innsbruck. Già nel corso della scuola superiore si fece notare per il suo talento letterario, tanto che, quando nel 1962 si trasferì in Italia e fu assunto prima da una ditta italiana e poi da una ditta austriaca a Milano, poteva dire di avere già alle spalle il proprio tirocinio di poeta. La lirica di Lubomirski suscitò l’interesse dei critici e traduttori – dagli Usa fino al Vietnam – che contribuirono nei decenni successivi alla diffusione di un’opera che nel frattempo consta di dodici volumi ed è tradotta in venti lingue. Solo in Italia sono disponibili cinque raccolte poetiche di Karl Lubomirski, che da cinquant’anni vive tra Torino, Milano e Roma, anche se tuttora continua a comporre in tedesco. Il poeta è anche autore di racconti, di drammi già rappresentati, di una cosmogonia, di un Passionsspiel [Una recita pasquale] per la cittadina di Erl in Tirolo, di un oratorio laico per il 500° anniversario di Michael Pacher commissionatogli dalla città di Brunico, di due resoconti di viaggio, di aforismi, recensioni e saggi, nonché di traduzioni. L’Austria gli ha conferito alte onorificenze, l’Italia lo ha insignito di diversi premi letterari. La sua opera è stato oggetto di tesi di laurea presso le Università di Milano, Parma e Verona. Karl Lubomirski (www.lubomirski.at) vive a Brugherio presso Milano.
Karl Lubomirski, Alla porta dei fiori. Con parole mie
(Dall'opera in tedesco Das Tor, ed. Berenkamp, Austria 2012)
Traduzione di Enrica Mogàvero e Karl Lubomirski
EIF Orizzonti, 2014, pp. 210, € 16,00