Oblò mediorientale
Asmae Dachan. Siria madre in lutto per i suoi figli
Siria, Latakia. Forze di sicurezza del regime di HTS arrestano un dimostrante (Ansa)
Siria, Latakia. Forze di sicurezza del regime di HTS arrestano un dimostrante (Ansa) 
09 Marzo 2025
 

Quello che sta accadendo in Siria è drammatico. Dopo il brutale attacco da parte di sostenitori del regime contro uomini appartenenti alle forze di sicurezza nazionale nella città costiera di Latakya, considerata tra le roccaforti di Assad, che ha provocato oltre 125 vittime, si è scatenata quella che il Diritto internazionale definisce punizione collettiva. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani il bilancio è di oltre 1.000 vittime, tra cui ben 745 civili. Non si può parlare di reazione, né di risposta, perché questa eventualmente avrebbe dovuto coinvolgere solo uomini armati. Qui si tratta di una mattanza di civili, tra cui molti bambini, famiglie inermi uccise solo per la loro comune appartenenza etnica, per essere alawiti, come Assad e i suoi sostenitori. Questo è esecrabile e inaccettabile e tradisce tutti i principi e i valori, come l’unità della Siria e dei siriani, per cui migliaia di persone negli ultimi 14 anni hanno dato la vita. La spirale di violenza va fermata subito. Vanno ricercati, arrestati e processati tutti i responsabili. (Processati da chi, in un Paese dove il sistema della Giustizia non è ancora ripartito?)

Nessuno si illudeva che non ci sarebbero state violenze nel dopo regime, ma usare gli stessi comportamenti di chi per mezzo secolo è stato carnefice è aberrante. Era prevedibile anche che gli attori stranieri che hanno interessi in Siria non si sarebbero dati per vinti tanto facilmente. I Siriani vogliono una Siria in pace, libera e inclusiva, non vogliono violenza e divisioni settarie e lo continuano a dimostrare, come è accaduto ieri a Homs, creando cordoni di protezione intorno ai quartieri alawiti. È altresì esecrabile vedere chi gioisce, imputando a tutta la comunità alawita le colpe dei torturati e assassini del regime.

Da più parti sono stati lanciati appelli per la cessazione delle armi e per la condanna incondizionata di tutte le violenze, esprimendo al contempo condoglianze per tutte le vittime. La spirale di violenza va fermata subito, i civili vanno tutelati e i carnefici perseguiti.

La Siria è una madre in lutto per i suoi figli, tutti i suoi figli. Dopo 54 anni di regime e 14 di guerra è il tempo di curare le ferite, non di infierirne di nuove. La strada verso la pace e la democrazia è in salita, ma non impossibile. In nome di tutti i siriani.

 

Asmae Dachan

(da Facebook, 09/03/2025)


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