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Vetrina/ Gino Songini. Lettera al “Che”
18 Gennaio 2014
 

Lettera al “Che”

 

Che, ricordi ancora quel tempo

della tua vita mortale

quando il Sole splendeva

sulla Sierra Maestra?

 

Allora la nostra forza

era in te, trasferita oltre l'oceano

da viaggiatori accattoni

e profeti infacondi.

 

E tu anche per noi andavi

per le campagne dal profumo

di avana, come dicessi:

“Lasciate che i poeti costruiscano il mondo”.

 

Che, ricordi ancora il navigare

del Granma, nell'aria dal profumo

di vele, nelle notti aperte

all'incanto dei cieli?

 

Noi andavamo tra le case e le strade

perdendo e ritrovando i tuoi occhi

sulle carte del mondo.

Non avevamo che un letto di trine

e notti chiuse in bottiglie scure.

 

E tu anche per noi salivi

sull'altipiano andino

incontro ai minatori defraudati

del sole, ai campesinos della Bolivia

ammutoliti dal vento.

 

Ma nel canalone di El Yuro

il Tempo ti raggiunse:

in una scuola smurata

qualcuno ritrasse il tuo volto

di Cristo deposto, simile (rammenti?)

a quello del cieco lebbroso di Huambo.

 

Uscimmo per ricordarti dalle case:

ma il Sogno chiudeva i suoi occhi

davanti alla strada senza sbocco,

come una foglia d'autunno

cadeva dall'albero della nostra vita.

 

Gino Songini

(da 'l Gazetin, dicembre 2013)


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