Vi proponiamo le interessanti argomentazioni del Comitato Per la Scuola della Repubblica, associazione cui Scuola e Diritti aderisce. (la segreteria di Scuola e Diritti, Morbegno)
1. La Corte di Strasburgo composta da sette giudici di sette Paesi diversi, ha affermato un’ovvietà: la libertà religiosa implica il rispetto e l’uguale trattamento di tutte le confessioni religiose (ed anche dei non credenti); di conseguenza gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione Europea sui diritti fondamentali dell’uomo che prevede appunto il diritto alla libertà religiosa, non possono affiggere nelle aule delle scuole pubbliche i simboli di una confessione religiosa; una tale scelta sarebbe discriminatoria per coloro che non professano tale religione e quindi sarebbe lesiva della libertà religiosa. Gli stati membri dell’UE non possono quindi privilegiare alcuna confessione religiosa.
Tale ovvio principio che trae fondamento dalla Convenzione Europea dei diritti fondamentali dell’uomo, trova peraltro riscontro nella nostra Costituzione che, come ha precisato la Corte Costituzionale (sentenza n. 203/89), ha affermato che nel nostro ordinamento costituzionale vige il principio supremo della laicità dello Stato.
Quindi massimo rispetto, anzi anche sostegno per tutte le confessioni religiose, ma massima libertà ed uguaglianza di tutte le confessioni e dei non credenti.
2. I commenti alla decisione della Corte di Strasburgo sono stati i più svariati; il mondo politico e culturale italiano ha offerto un’immagine, piuttosto squallida, di personaggi che per mal celato opportunismo hanno fatto a gara nella difesa del Crocifisso di Stato (negli stessi giorni però a Firenze Don Santoro, che ha praticato i valori del cristianesimo, è stato dal suo vescovo cacciato dalla sua comunità delle Piagge senza alcuna reazione dei difensori nostrani del crocifisso nelle scuole).
Non è il caso di contestare le tante idiozie espresse da più parti (il top come solito l’hanno raggiunto due ferventi “cristiani” come Massimo Cacciari e Vittorio Sgarbi); preoccupano invece le dichiarazioni del neo-segretario del PD Bersani e più in generale le reazioni che a tali dichiarazioni si ispirano: «qualche volta il buon senso finisce di essere vittima del diritto» ed inoltre «antiche tradizioni come quella del crocifisso non possono essere offensive per nessuno».
Evidentemente una tale dichiarazione, volutamente ambigua è stata dettata da motivazioni politiche ed opportunistiche che condannano la sinistra ad una subalternità culturale sempre più regressiva e che sono divenute però insopportabili.
Con tale frase il neo segretario del PD riconosce che la sentenza della Corte di Strasburgo è giuridicamente corretta e che cioè il principio di libertà religiosa è incompatibile con l’affissione da parte dello Stato nelle scuole pubbliche dei simboli di una religione; Bersani ritiene però che tale principio, giuridicamente corretto, dovrebbe cedere, con “il buon senso”, alle “antiche tradizioni” del Crocifisso di Stato...
Si deve ricordare al Segretario del PD che queste “antiche tradizioni” che consentivano l’affissione dei crocifissi nelle scuole erano lo Statuto Albertino del 1848 che prevedeva la Religione Cattolica come Religione di Stato ed i regolamenti fascisti del 1924 e 1927; senza dubbio “antiche tradizioni” che però con la Resistenza e la Costituzione del 1948 sono state cancellate.
Il “diritto” (nel caso specifico la Costituzione Repubblicana e la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo) ha affermato il principio della libertà religiosa che implica l’uguale trattamento da parte dello Stato di tutte le confessioni religiose (ma anche dei non credenti); la libertà religiosa non implica la negazione delle tradizioni culturali e storiche di ciascuna realtà, ma implica un’apertura verso una società inclusiva in cui le tradizioni antiche, depurate dall’uso improprio che delle religioni hanno fatto i regimi autoritari, possano convivere con le nuove esigenze ed esperienze. Uno Stato democratico e laico deve essere il garante di questa nuova dimensione inclusiva della società rispettosa di tutte le sensibilità e tradizioni.
Prima di affermare che il “diritto” deve cedere al “buon senso” bisogna attentamente e con senso di responsabilità considerare che in una realtà come quella italiana in cui la Costituzione è ogni giorno violata, la logica del "buon senso" dovrebbe invece suggerire una maggiore intransigenza nel rispetto del diritto, soprattutto quando si tratta di principi costituzionali.
Purtroppo con la logica del “buon senso” nel 1984 il PCI accettò il mantenimento (sia pure facoltativo) dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche; con “il buon senso” si è accettato che un insegnamento facoltativo come l’IRC fosse inserito nell’ambito orario scolastico obbligatorio, vanificandone la facoltatività; con “il buon senso” l’allora Ministro P.I. Berlinguer fece approvare una legge di “parità” che non solo prevedeva finanziamenti pubblici alle scuole private, ma collocava le scuole private nel sistema scolastico nazionale, riconoscendo ad esse la stessa funzione pubblica delle scuole statali; con il “buon senso” il Ministro Fioroni con la finanziaria del 2007 che (è bene ricordarlo) ha avviato la politica dei tagli alla spesa per la scuola statale, ha previsto nello stesso tempo un incremento dei finanziamenti pubblici per le scuole paritarie; con il “buon senso” in molte scuole si interrompono le lezioni per consentire le cd "visite pastorali" e le messe pasquali; sempre con “il buon senso” nelle cerimonie civili si riconosce un ruolo ufficiali alle cd “autorità religiose” intendendo per tali le gerarchie della Chiesa Cattolica; e l’elenco potrebbe continuare.
In sostanza “con il buon senso” si è consentito che la Religione Cattolica sia nel “senso comune” considerata ancora la Religione dello Stato Italiano e che di conseguenza le opinioni delle gerarchie della Chiesa Cattolica fossero considerate “valori” da osservare e praticare, anche se in contrasto con le leggi dello Stato.
Con “il buon senso” si è in sostanza svuotato di contenuto e significato il principio supremo di laicità affermato nella Costituzione; non è un caso che tutti si dichiarino laici purché siano mantenuti i privilegi e le prerogative della Chiesa Cattolica.
Ora però bisogna fare scelte coerenti e concrete; laicità dello Stato significa, come ha affermato la Corte Costituzionale, non indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso, ma libertà per tutti (anche per gli agnostici e laici) ed uguale trattamento da parte delle istituzioni pubbliche per tutti.
Per questa ragione nessuno contesta l’alto valore religioso e/o morale del Crocifisso, come di tanti altri simboli religiosi o laici; lo Stato deve rispettare tutti i simboli religiosi, ma non può farne proprio nessuno senza violare il principio della libertà religiosa e della laicità. Cosi come non c’è più la Religione di Stato, in uno Stato che si proclama laico non può esserci il Crocifisso di Stato.
Questa è l’unica soluzione che “il buon senso” può suggerire ed è una soluzione rispettosa del diritto.
Corrado Mauceri
(Comitato Per la scuola della Repubblica, Firenze)
Qui (file pdf) il testo della sentenza della Corte europea
(traduzione dal francese di Anna Grattarola, 20/11/2009)