Diario di bordo
Valter Vecellio. Psyco elettorale in salsa PdL
09 Novembre 2009
 

Il leader della Lega Umberto Bossi va all’incasso della cambiale firmata da Silvio Berlusconi in cambio della fedeltà del Carroccio: “Il Piemonte e il Veneto vanno a noi”. Il coordinatore del PdL Ignazio La Russa frena: “Sono solo dei desideri”, e fa sapere che non esiste alcun accordo. Le mire leghiste su Piemonte e Veneto sono solo “dei legittimi desideri”; desideri rispettabili, aggiunge, “ma le decisioni alla fine debbono essere sempre comuni”.

Si può stare tranquilli: un “accomodamento”, prima o poi, lo troveranno. Tanti sono ancora gli appetiti; questo famelico, mai sazio centro-destra, man mano che si avvicinerà il giorno del voto, rivelerà il suo autentico volto: rapace e vorace, arrogante e prepotente; l’unico problema consiste nella spartizione delle quote delle spoglie.

 

Berlusconi a ogni pié sospinto dice che nessuno lo può ricattare e non è ricattabile. Se ha l’esigenza di dirlo così tante volte, e con tanta energia, una ragione ci deve pur essere. Una delle ossessioni berlusconiane si chiama giustizia: si tratta di individuare un “lodo” che in qualche modo neutralizzi i processi Mills e Mediaset; problema non da poco. A questo si aggiungano la grana costituita dal PdL Sicilia capeggiato da Gianfranco Micciché; e le pessime gestioni amministrative nelle principali città dell’isola. Per quanto il PD sia deficitario e in crisi di persone e di proposta politica, alla lunga lo sgoverno di Palermo, Catania e altrove, peserà.

 

C’è il nodo costituito dalla situazione economica: si possono sbandierare quanto si vuole i dati OCSE o di qualche autorevole consesso e rivista: è un fatto che il potere d’acquisto generalmente scende, che la disoccupazione cresce, che i consumi sono in frenata, che la pressione fiscale è inalterata se non cresciuta; Berlusconi vuole, alla vigilia delle elezioni, poter sbandierare almeno una parziale riduzione dell’IRAP, ma i conti non tornano; Giulio Tremonti, per quanto abile, non può assicurare a tutti una minestra gratis: qualcuno la deve pagare, e, per inciso, cominciano a venire al pettine i risultati dell’improvvida abolizione dell’ICI: basta vedere i conti in rosso di un qualsiasi comune. Palazzo Chigi lavora in queste ore per un incontro con Benedetto XVI, e sappiamo già quali saranno le richieste che verranno dal Vaticano. Berlusconi si prodigherà in assicurazioni, e farà quanto in suo potere per soddisfare quei desideri, nella speranza di un “perdono” che non gli sarà comunque concesso. La politica vaticana è chiara al riguardo: usa fin che puoi, e poi getta, se non serve più. L’affaire Boffo, nonostante gli sforzi di Gianni Letta, è una ferita tutt’altro che rimarginata.

 

I rapporti di Berlusconi con gli alleati è in una frase di Fini dell’altro giorno: “Accade che confonda la leadership con la monarchia assoluta”. Significa che Fini, ma anche Bossi, sono al momento leali, ma al momento cruciale, ognuno per sé, e buona fortuna a tutti. Fini sostiene che si parlerà del dopo-Berlusconi quando verrà il momento di farlo, ma ha cura di chiarire: “Un governo del fare ha bisogno di un partito del pensare”.

Tra i “pensieri” di Fini ci sono riforme condivise e che non siano fatte a colpi di maggioranza, perché “servirebbero solo a dividere il paese”; c’è la riforma delle regole, ma tutte, e non solo quelle che tornano utili; c’è una legislazione che favorisca l’integrazione degli immigrati, un welfare inclusivo, laicità dello Stato, libertà economiche. Tutto ciò non è conciliabile con espressioni alla Daniela Santanché (“Maometto era un pederasta”), che appartengono però alla “cultura” leghista e berlusconiana, a quel “pensato” che non si osa dire.

 

Il PdL è un monolite solo apparente, un colosso di Rodi fragile, che con poco si può frantumare. Purtroppo il PD non sembra in grado di assicurare quel poco; e il “monolite” berlusconesco ancora per parecchio è destinato a fare impunemente, e impunito, danni e guai.


Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 9 novembre 2009)


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