Cristina Zagaria
Perché no
Perdisapop, 2009, pagg. 115, € 9,00
Una copertina azzeccata. Un Vesuvio con due occhi rossi, da bestie che stanno a guardare di notte contro luce. Una ministoria criminale senza complimenti. Un tuffo dentro la realtà, un volto finalmente dato ad un orrore giovanile, anzi adolescenziale. Perché no è un romanzo che non ti lascia scappare. È un esempio concreto di come poche pagine possano prenderti alla gola e fregarti letteralmente. È una brutta lettura nel senso che fa male senza che te ne accorgi, ed una prova di come il giornalismo giudiziario possa trasformarsi in una farfalla sulle cui ali puoi guardare Napoli come è sotto i tetti e dentro le case.
Due amici che si mettono d’accordo per diventare uomini, anzi ‘omme, come si dice a Napoli. Per farlo, anche se minorenni, decidono di organizzare una rapina ad una maestra che vive con il padre malato ed un marito cassintegrato. Si impossessano della pistola del padre di Daniele, anzi della sua scacciacani, la dipingono per bene di nero per non far capire che è innocua e… La storia è giudiziaria, in equilibrio perfetto dentro la sfera interiore di un adolescente che si sente strappare da un mondo fatto di servizi e latte al mattino. È una bella prova di immedesimazione al cento per cento dentro quella parte di Napoli che abbiamo ormai imparato a conoscere. Si potrebbe pensare che la Zagaria abbia condito soltanto una semplice storia di bassi napoletani, lei che può vederle e sentirle tutti i giorni dalla redazione napoletana di Repubblicadove lavora.
Solo che questa storia possiede una piombatura più pesante, un ego più pronunciato. Ha il senso della pietà napoletana, cioè: «’A vita è fatta e’ ore, cchiu te ne spienne e mene te ne trove». La maestra Adriana ha il senso della vita, anziché della frase verrebbe da dire. Sa quello che importa veramente, ossia un amore forte, incollante, per il padre anziano e malato, ed una incapacità cronica di non amare i propri alunni. Quelli che, poi, la prenderanno a calci in faccia fino a farle ingoiare muco e sangue senza che nessuno muova un dito. Solo che il giornalismo così vivido, così pieno di emozioni sotto da diventare agghiacciante, diventa qualcosa in più. Non solo caratteri a piombo, ma una gettata di cuori aperti dove puoi guardare dentro con una emozione spessa così.
Napoli è descritta come mai, con tocchi, anzi zampate nette ed a tutto tondo, con una bravura che vive e si nutre di frasi secche come fucilate nella notte. Zagaria è una ragazza da redazione mobile, una di quelle che vivono da giornaliste ma respirano soltanto con le branchie affatate dello scrittore di razza.
Alberto Pezzini