Nel degradare degli Appennini verso l’Adriatico, là dove il paesaggio da montuoso tende alla più dolce collina, con valli verdi e boscose e improvvise asperità, il Montefeltro (24 comuni più la Repubblica di San Marino) si estende, prevalentemente nelle Marche, fino a una trentina di chilometri dal mare. Con San Marino poi, arriva ancora più vicino (una decina di chilometri). A nord-ovest della provincia di Pesaro-Urbino e ai confini con la Romagna, vi convivono marchigiani, romagnoli, toscani (due suoi comuni appartengono alla Toscana) e sammarinesi. Su questi ultimi, anche dopo l’accordo del 2004, è possibile leggere in rete i distinguo se debbano essere considerati o no extra-comunitari…
Nel notevole intreccio storico e culturale, sopravvivono residui sbiaditi delle guerre tra guelfi fiorentini e ghibellini aretini alleati ai Montefeltro, guidati da Buonconte da Montefeltro (ultimi decenni del 1200) e quelle, assai più celebri, tra Federico da Montefeltro e i Malatesta (anni ’60 del 1400). L’antica pretesa dei riminesi Malatesta di impadronirsi del Montefeltro, respinta definitivamente da Federico da Montefeltro, con l’aiuto dei sammarinesi, con le guerre che terminarono nel 1463, la ritroviamo, aggiornata e rivestita di nuove e più sofisticate motivazioni, nelle spinte esercitate per il “trasferimento” dei suoi comuni dalle Marche all’Emilia-Romagna. Grande è quindi il fermento local-regional-politico-sportivo-economico che si respira in queste terre dal nome aristocratico.
Fermento che ha prodotto tre referendum negli ultimi tre anni. Con il primo, nel dicembre 2006, ben 7 comuni del Montefeltro, decisero di passare dalla regione Marche (provincia Pesaro-Urbino) alla regione Emilia-Romagna (provincia di Rimini). Per sentirsi un po’ più padani? Speriamo di no. Le motivazioni dovrebbero essere soprattutto di natura logistica ed economica. Un secondo referendum (giugno 2007), sancì la stessa sorte per altri due comuni. Nel marzo 2008, in una terza consultazione, gli abitanti dei due comuni interpellati bocciarono invece la proposta e non ne vollero sapere di diventare più padani.
Grande campanilismo, interminabili discussioni con argomenti e toni a volte seri, altre faceti ed ironici. A Nuovafeltria e Maiolo, due dei comuni diventati riminesi, chi ha votato contro “il trasferimento”, non si sente riminese “ope legis”. Ne conosco di irriducibili filo-pesaresi! Uno, Gianpaolo Rossini, col cognome che porta, potrebbe mai tradire Pesaro, culla di uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi? Quindi, non a caso, proprio in queste terre, in queste atmosfere, è stato coniato un nome che più azzeccato e significativo non potrebbe essere. Un nome adottato anche da una compagnia teatrale che vuole essere simpaticamente super-partes. L’allegra ed esemplare compagnia de
I MARCHIGNOLI
Un po’ marchigiani, un po’ romagnoli, come si sentono in realtà. L’intraprendente gruppo di marchignoli ha creato, nel 2002, una compagnia teatrale la cui attività fornisce lo spunto per varie riflessioni.
Innanzitutto: nessun contributo. Né pubblico, né privato. Il Comune mette a disposizione solo il teatro. Attività a scopo umanitario, a favore del volontariato oncologico. Da ricordare la donazione di apparecchiature all’Ospedale di Nuova Feltria. La mente del gruppo, Gianni Marra, urologo, primario dell’ospedale di Nuovafeltria. Scrive i testi e recita.
Ha per braccio destro Anna Rita, sua moglie, sceneggiatrice.
Il resto delle braccia è composto da circa 40 collaboratori, tra attori, corpo di ballo (10 ballerine), costumisti, ecc.
Cito solo qualche nome, tra quelli che mi sono restati più impressi. Il già ricordato Pierpaolo Rossini di Maiolo, effervescente, estroverso e brillante. Giovannino Tomei, un incrocio tra Vittorio Gassman e Luchino Visconti. Irresistibili le descrizioni fatte da sua moglie di quando si esercita per eliminare il quasi ineliminabile accento romagnolo. A chi, marchignolo, gli telefona quando è in piena operazione “immersione italiano-puro”, gli pianta subito una grana su come ha pronunciato “Pronto?” e su come debba essere pronunciato. Caliope Fabbri, Laura Sala, Gigi Bionoli, Teresa Antonimi, Ginetta Grandi e, per finire, lei, la mattatrice Veronica Lario… scusate, Veronica Cinarelli.
Non voglio appesantire questa presentazione con considerazioni, come già detto, psico-socio-politico.
Sottolineo solo che questa iniziativa ha solo lati positivi, primo tra tutti lo scopo umanitario.
Gli attori, tutti non professionisti, si divertono facendo qualcosa di utile per la società e appagante per se stessi. Non rispetteranno le previsioni di Trotsky (nessuno di loro pensa di essere un Laurence Olivier) ma non hanno alcuna nevrosi dovuta alla vita agitata di tanti attori professionisti.
Ultima nota: quando vado a lavorare a Stromboli o sul Gran Sasso, zone lontane dal “mondo civile”, penso che radio, televisione e Internet, abbiano eliminato il grosso svantaggio che avevano questi posti “isolati”, per chi voleva essere in una prima linea culturale. Ora chi può stare al top, secondo me, non è chi vive nevroticamente nelle megalopoli, ma chi ne sta lontano, in posti che favoriscono la concentrazione, la riflessione, l’approfondimento delle relazioni amichevoli e quindi la creatività. Premendo un tasto ora si può tornare immediatamente al caos della vita “più civile”.
Con una simile compagnia, festosa e amante dell’umorismo, con una “primadonna” di nome Veronica, era inevitabile pensare a proporle di cimentarsi, al più presto possibile visto che prima o poi qualcuno lo farà, alla realizzazione di uno spettacolo dal titolo
VERONICA DEI MARCHIGNOLI
Trama: una Veronica della Carpegna, scontenta del proprio matrimonio dopo anni di apparente felicità, decide di imitare la Caposcuola Veronica Lario. Scrive così al Corriere Marchignolo, facendo esplodere un putiferio. Finale a sorpresa.
Gianni Marra & C stanno valutando.
Paolo Diodati