Philip Claudel
Il rapporto
Ponte alle Grazie, 2008, pagg. 285, € 15,00
In un piccolo villaggio della Lorena, nel secondo dopoguerra, arriva un giorno un personaggio pittoresco: un fisico tozzo, un faccione bonario, vestito con abiti stravaganti e un po’ barocchi, accompagnato da un somaro ed un cavallo ai quali si rivolge come fossero esseri umani e da un carretto con qualche mercanzia. Parla poco, sorride, ma non dice nulla di sé.
Da dove verrà? Quale il suo passato? E quali, soprattutto, le sue intenzioni per il futuro, proprio lì, in quel villaggio a lui sconosciuto?
Da subito lo straniero crea tensioni, dubbi, paure fra i compaesani che già, negli anni terribili della guerra, hanno dovuto fronteggiare l’invasione dei nazisti e con essa lo spettro di segreti indicibili nati direttamente dalla fragilità intrinseca alla condizione umana, ma anche da un crudele e fino allora sconosciuto istinto di sopravvivenza…
“De Anderer” (l’altro), “De Murmehner” (il mormorante) tanti i nomignoli per riferirsi a lui, dapprima con cautela, poi con sempre più allarmismo, pregiudizio, infine timor panico.
Il romanzo di Philip Claudel, già autore del bellissimo Le anime grigie – anche in quel caso predominante era la pesantezza di certe valutazioni inappellabili che tra l’altro quasi mai si rivelano esatte – è un racconto esemplare su quanto il giudizio degli “altri” possa essere impietoso e distruggere qualcuno proprio perché formulato nella paura di ciò che di sconosciuto si ha di fronte.
Ed è anche l’analisi profonda e impietosa dell’uomo che, forzatamente incaricato dai compaesani di redigere un rapporto ufficiale ancorché fasullo sull’incidente all’apice della storia, si interroga su se stesso e sulla propria responsabilità.
Perché, ci dice Claudel, si è responsabili anche di ciò che si tace o si finge di non sapere.
Annagloria Del Piano
(per 'l Gazetin, agosto 2009)