Lo scaffale di Tellus
Patrizia Garofalo: Una sera ricordando Domingo Notaro
28 Maggio 2009
 

«Possa questo libro, cresciuto all’ombra di una torre pendente e conclusosi in terre alpine, almanaccare necessarie geografie dell’essere in viaggiatori mentali o in procinto di partire». Così recita parte della prefazione di Claudio Di Scalzo in Tellus 27 che ho letto percependomi itinerante in luoghi, spazi e incontri dell’anima che afferrano momenti, luci, velature e i necessari chiaroscuri dell’andare, il ritrovarsi e ripartire e il ricordare che ogni cosa, luogo e persona che abbiamo amato, non solo resta dentro noi ma tornerà più vivida e più forte in momenti non sempre casuali ma talvolta cercati. Da giorni la mia memoria insisteva nel riportarmi immagini della Calabria, dei suoi paesini, gente e storie che ho appuntato all’interno di una silloge scritta anni fa. Ho cercato al telefono Domingo Notaro ed è stato straordinario vivere un viaggio d’incontro al quale il tempo aveva permesso la continuità nel silenzio. Domingo Notaro nasce a Palermiti, in Calabria il 27 dicembre del 1939 e a dieci anni si trasferisce con la famiglia in Argentina. Il nostro parlare sciolto e affettuoso mi ha riportato ad un incontro di tanti anni fa avvenuto durante la presentazione del suo libro di poesie I miei piedi sono radici d’aria.

La silloge del ’76, ormai introvabile, si presenta con una copertina di carta da pane e un bellissimo disegno. In quel periodo, pur così giovane, aveva avuto successi importanti come pittore. Non mi ha riconosciuto e non avrebbe potuto ma mi ha rivolto un parlare colloquiale, disponibile e sincero. Quella sera a Roma, quando lo avvicinai colpita dalla spontaneità del suo parlare profondamente leggero, egli avvertì la mia commozione e nella dedica “scarabocchiò” una rondine e due stelle segnano ancora la P di patrizia e la C di caramente. Oggi “caramente” ci siamo rincontrati e ci piacerebbe viaggiare sul vostro giornale in un attraversamento che arrivi diretto, senza orari di arrivo e partenza, senza cambi e senza valigie per ridisegnare “vivi del tempo” i versi e la pittura di Domingo Notaro.

 

Patrizia Garofalo

 

 

 

UNA POESIA DI DOMINGO NOTARO

 

Palermiti

nel Sud

dove sono nato

la turgida mammella del paese

contende la geografia alle ginestre

le lenzuola distese sull’erba

come fantasmi abbattuti nel sonno

ora le case crescono con l’assenza dell’uomo

sotto il cielo che si apre al giorno

ormai disabitato del suo pensiero ricurvo all’orizzonte

muoiono le vigne nell’ossido delle sparizioni

e le spighe non cuciono più l’aria

con gugliate verticali di latte.

Un piccolo paese ( senza regali dimore)

nell’itinerario delle rondini

come una caverna rovesciata al sole

di storie graffite con parole di miele e sale

che lievitano come pani

sulla pergamena del fumo delle cucine buie

gli ulivi tanti arcieri vegetali

che hanno donato l’urlo alle cicale

per rimanere gesto silenzioso

di mani tormentate che impugnano germinazioni

e d’emigranti soli per una beffa astrale

la gente torna vecchia

con cuore ferito come un salvadanaio

sotto il vestito nuovo “ made in”

per la farsa finale

e a vespri e caroselli si consola

Piccolo paese del sud che mi hai visto nascere

i miei piedi sono radici d’aria

che sfiorano la terra

ma ormai sono lontano

non per avere attraversato fiumi

libri città dolori continenti

amori oceani nemici stagioni e sogni

ma perché non baratto le mie ali

di te mi è rimasto lo schiaffo della fame

ed i colori della luce nel sangue come navi

ma anche la tristezza di sentirti vuoto

dietro le facciate che fingono di crescere

con i trenta dollari delle maschere che ritornano

per comprare il nulla che indossa la speranza

al prezzo della vita inutilmente truffata


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