Laboratorio
Il fantastico mondo del re degli Elfi
Blake: Paolo e Francesca
Blake: Paolo e Francesca 
16 Maggio 2009
 

In un mondo fantastico il poeta tedesco W. Goethe (1749-1832) ambientò la lirica composta nel 1782: Il re degli elfi per la quale trasse spunto da una ballata danese tradotta da J. G. von Herder (poeta tedesco, 1744-1803) La figlia del re degli ontani.

Gli Elfi sono creature notturne che danzano con grazia al chiaro di luna. In questa lirica rappresentano una forza misteriosa che esercita un influsso negativo sul bambino, in altri casi , come gli Elfi su cui regna Oberon, nell’opera di Shakespeare Sogno di una notte di mezza estate, sono benigni.

-Secondo la mitologia del Nord Europa, il Re degli Elfi era una figura malvagia che appariva danzando con i suoi sudditi nelle foreste nordiche durante la notte, e simboleggiava la morte.

I versi narrano di un padre che, galoppando nella notte, cerca di portare in salvo il figlio malato. Delirante e spaventato, il bambino è convinto di vedere e sentire il Re degli Elfi che vuole rapirlo. Questi dapprima cerca di convincere il bimbo a seguirlo con le promesse più disparate, poi vista l'inutilità dei suoi tentativi, decide di ricorrere alla forza. Il padre, estremamente in ansia per suo figlio, cerca di rassicurarlo, dando una spiegazione più concreta alle sue visioni:la nebbia, il fruscio del vento tra le foglie degli alberi, dei vecchi salici. Giunto a casa, il padre si accorge che il piccolo è morto tra le sue braccia-.

  

                                      Il re degli Elfi

 

Chi cavalca a quest’ora per la notte e il vento?

È il padre con il suo figlioletto;

se l’è stretto forte in braccio,

lo regge sicuro, lo tiene al canto.

 

 “Figlio, perché hai paura e il volto ti celi?”

“Non vedi, padre, il re degli Elfi?”

Il re degli Elfi con la corona e lo strascico?

“Figlio, è una lingua di nebbia, nient’altro.”

 

“Caro bambino, su, vieni, con me!

Vedrai i bei giochi che farò con te;

tanti fiori diversi sulla riva ci sono;

mia madre ha tante vesti d’oro”.

 

“Padre mio, padre mio, la promessa non senti,

che mi sussurra il re degli Elfi?”

“Stai buono, stai buono, è il vento, bambino mio,

tra le foglie secche, con il suo fruscio.”

Il re degli Elfi chiede al bambino di andare con lui promettendogli che  l’avrebbe accudito e divertito con l’aiuto delle figlie.

Al bambino terrorizzato, il padre cerca di dare una spiegazione più razionale. Ma il re degli Elfi minaccia di portarsi via il bimbo con la forza.

 

 Preso da orrore il padre veloce cavalca,

il bimbo che geme, stringe fra le sue braccia,

raggiunge il palazzo con stento e con sforzo,

nelle sue braccia il bambino era morto.

Ma nel racconto di Elena (vedi Scuola-Laboratorio, pag. 8, 12 marzo 2008: Anna Lanzetta, La Scrittura creativa nella didattica), il bimbo non muore, perché ha fiducia nell’amore del padre e tra le sue braccia si addormenta felice. 

 

Il tema del re degli elfi, richiama il dipinto di William Blake (1757-1827) Gli angeli del bene e del male.

Il quadro presenta una situazione così sconvolgente che scatena in chi  guarda  "un vortice" di

emozioni così forte da non riuscire a trascriverne neanche una.

Nel quadro, il fantastico coincide con l’irrazionale, ma ci dà anche una percezione del reale; nel dipinto, come nei versi, prevalgono gli elementi maligni che vogliono portarsi via il bambino dalle braccia di suo padre che corre su un cavallo. A capo degli elfi c’è il re che può essere paragonato all’angelo del male che appare nel quadro di Blake mentre il padre, che nell’opera di Goethe non ha nessun riscontro fantastico, possiamo confrontarlo con l’angelo del bene che anche nel quadro ha in braccio un bambino.

 

                    La bestia della rivelazione

 

 

Il mondo artistico di William Blake (1757-1827), poeta, pittore e incisore eccentrico e visionario, era pieno di visioni di spiriti e di allucinazioni come testimonia anche il piccolo acquerello La Bestia della Rivelazione,  un’immagine spaventosa e fantastica presa dall’Apocalisse, XIII,1: …e poi vidi salire dal mare una bestia, che aveva dieci corna e sette teste.

La figura centrale del dipinto è un uomo nell’atto di trasformarsi in un essere con forme umane, vegetali e animali. Le teste si stanno moltiplicando e le espressioni del viso si stanno deformando fino a diventare maschere grottesche.

 

 

                                          Paolo e Francesca

 

 

Blake vede un motivo fantastico anche nel viaggio ultraterreno di Dante, che si svolge in un mondo irrazionale. Nell’acquerello del 1817 è rappresentato il momento finale del quinto canto dell’inferno quando, dopo il drammatico colloquio con Francesca, mentre le anime dei peccatori sono trascinate dal vortice della "bufera infernale che mai non resta", Dante sviene, sopraffatto dall’emozione:

 

Mentre che l’uno spirito questo disse

l’altro piangea, sì che di pietade,

Io venni men così com’io morisse,

E caddi come corpo morto cade.

 

Irrazionale è tutta la scena del vortice in cui Paolo e Francesca, tenendosi per mano, sono trascinati dal vento infernale.

La tecnica  ad acquerello rende bene il paesaggio infernale: i colori, non ben definiti e sfumati, caratterizzano efficacemente il paesaggio irreale.

I colori più usati sono il rosso, in varie tonalità che rappresenta l’inferno; il bianco  presente nel vortice infernale e nella luce; il marrone variegato che identifica anche Dante; l’azzurro e il blu scuro, usati per lo sfondo e presenti nella figura di Virgilio; il vortice invece è rappresentato da un insieme di colori, tra cui il grigio ed il giallo, che rendono bene l’idea di confusione e di sofferenza.

Il dipinto è disposto a vari piani: in primo piano vi è l’inferno da cui nasce l’immenso vortice; in secondo piano si trovano Dante e Virgilio collocati su una zolla di terra mentre ascoltano la storia dei due amanti, sullo sfondo si spande una gran luce.

Nel vortice, tra i tanti spiriti, vediamo due anime vicine che si tengono per mano, sono Paolo e Francesca e nella luce dipinta a raggi intravediamo  altre due anime ferme che potrebbero essere ancora i due amanti ritratti nell’istante in cui si fermano per parlare con Dante e Virgilio.

 

Il re degli Elfi ( in tedesco Erlkönig) è un Lied di Franz Schubert (D 328) che il musicista compose sui versi dell’omonima ballata di Johann Wolfang von Goethe, musicato nel 1815.

Il Lied contiene diversi temi romantici, quali  il soprannaturale, la notte, la natura e la morte. La musica riesce a rendere l’idea del galoppo disperato e incessante.

 

 

A cura di Anna Lanzetta

e degli studenti del biennio superiore ITIS “A. Meucci” di Firenze

Anno scolastico 2001-02

 

 

 

 


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