Caro direttore,
confesso un sano spiazzamento, non più disagio, alla vigilia dell'ennesima tornata elettorale. Tornata è proprio una parola che mi piace: dà l'idea di un circolo, rigorosamente vizioso, che parte da un punto e, con una bella voluta a 360 gradi, ritorna dopo 4 anni al punto di partenza. Sono di sinistra: la sinistra che, in tutta Europa, trova una propria rappresentanza in partiti che, per quanto versino in difficoltà, hanno ancora una loro identità forte e precisa. Laica e socialista (o socialdemocratica, se aggrada di più).
Spiace scrivere che, ahimè, non è comunque il punto del discorso. In Italia è evidente e impietosa la necrosi delle due anime, salottiere entrambe, dell'inconcludenza riformista e del surrealismo radicale. Non dico nulla di nuovo: l'emergenza è civica, non politica. Lo hanno scritto e studiato per noi sociologi americani come Putnam e storici francesi come Le Goff. Curioso che, invece, quello dell'arretratezza socio-culturale sia tema per lo più affrontato soltanto dagli scrittori nostrani, che si tratti di Tomasi di Lampedusa o di Saviano, mentre si riconosce appunto una certa “rimozione nevrotica” all'interno della storiografia nazionale rispetto alla questione.
La frustrazione è grande di fronte all'intricata rete di clientele, a tutti i livelli, che soffocano la vita pubblica. Altrove, gli intellettuali trovano semplicemente un terreno, già ricco di mattoni civili, su cui esprimersi e progettare nuove costruzioni sociali. Qui, finiscono col deprimersi e chiudersi in un silenzio complice ed impotente, abusivi del pensiero che slanciano nell'aria pilastri nudi e inconcludenti, come quelli di tanti capannoni non finiti, e non in senso michelangiolesco, che obbrobriano la Valtellina.
Con questa lettera, e vengo al punto specifico, voglio esprimere la mia totale solidarietà a Vanna Mottarelli ed Enea Sansi, giudicati in secondo grado (dopo il riconoscimento della non sussistenza del fatto nel primo) colpevoli di diffamazione a mezzo stampa in una causa lunga un decennio che li ha visti coinvolti in merito al fallimento della società Gianoncelli. Sulle pagine del Gazetin, i due hanno seguito la vicenda e hanno informato.
Forse utilizzando toni ironici (è una colpa?), ma mai sfuggendo alla semplice logica che un'inchiesta informa sui fatti portando argomentazioni e sviluppando un discorso. Ora, pare a me naturale il diritto, sancito dalla Costituzione all'art. 21, di informare a mezzo stampa. E di criticare. Il nostro bel testo costituzionale stabilisce anche i limiti di questo diritto, puntando sulla necessità di non infangare la reputazione di chicchessia (la qual cosa può dare origine appunto a diffamazione). Nel caso specifico, e questo è il mio parere, i due hanno informato, con forza e con decisione, presentando I fatti e assumendosi la responsabilità di quanto scritto. Facendo, ovviamente, nomi e cognomi, il che in nessun modo, però, porta all'equazione “nominare-diffamare”.
Quello che stupisce, lo dico in franchezza, è l'assordante silenzio dei due salotti, senz'altro informati del fatto (anche dal sottoscritto) rispetto alla questione. Per quanto riguarda quello radicale, mi piace una battuta del buon Winston: “I comunisti sono come Cristoforo Colombo. Partono senza sapere dove vanno, arrivano ma non sanno dove sono. Il tutto a spese dello Stato”. E quello riformista, invece, mi sembra ingessato dietro la poetica del vago e dell'indefinito, aspettando preziosi suggerimenti da chi, in realtà, non ha mai loro assegnato alcuna parte e non capisce perchè deve per forza pagare il biglietto con gli stessi attori mediocri di sempre che portano in scena una commedia dell'assurdo.
In tutto questo, non me ne voglia Giacomo Ciapponi (foto), persona onesta e valida cui va tutto il mio appoggio e l'in bocca al lupo per una sfida impossibile. Preoccupa, però, la rete di letargo volontario che lo circonda. Insomma, mi piace il ranger ma non tanto il Club delle Non Giovani Marmotte.
Nel caso Mottarelli-Sansi, mi auguro che un tema trasversale come quello della libertà di stampa sia difeso e a parole forti e chiare. Non sono i tempi eroici di Piero Gobetti e dei fratelli Rosselli: basterebbe l'onestà semplice di sentirsi liberi.
Luciano Canova
(da La Provinicia di Sondrio, 15 aprile 2009 – "leLettere")