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All’Argentina di Roma ripetuti applausi a scena aperta per “La famiglia dell’Antiquario”
01 Aprile 2009
 

La famiglia dell’Antiquario, commedia scritta nel 1750 da Carlo Goldoni, è in scena fino al 5 aprile al Teatro “Argentina” di Roma. Questo testo è “diverso” dagli altri dell’autore veneziano ed è ricco di contrasti che imprevedibilmente, rispetto al suo repertorio, non si definiscono nel classico lieto fine, ma lasciano spazi aperti e situazioni irrisolte.

Lo spettacolo nasce dalla collaborazione dei Teatri Stabili di Genova e del Veneto e porta in scena attori di vaglia quali Eros Pagni, Virgilio Zernitz, Anita Bertolucci e Gaia Aprea. La regia è affidata a Lluis Pasqual, uno dei più grandi registi europei, che per la prima volta si confronta con un testo goldoniano in italiano.

La commedia, dice il regista, è un’opera leggera come il fumo e delicata come una ragnatela. Goldoni la colloca in una lontana Palermo, che è come dire Venezia ed i suoi personaggi sono più veneziani dello stesso Rialto.

 

Grazie a Pasqual l’opera ha risvolti contemporanei, nonostante siano passati 300 anni dalla nascita dell'autore. Ogni scena è ambientata in un'epoca differente, partendo dal 1700 fino ad arrivare ai giorni nostri. L'adattamento cronologico è riuscito molto bene grazie a pochi ma determinanti particolari: le sedie che si evolvono dal legno rivestito di damasco al plexigas, la musica, gli abiti, la luce elettrica e lo squillo dei primi telefoni fino ad arrivare al cellulare.

Doralice (Gaia Aprea, la nuora) entra a far parte della famiglia Terrazzani, nobili senza soldi che tuttavia amano scialare i propri averi. La giovane è figlia di un mercante, Pantalone (Eros Pagni), non nobile ma pieno di buon senso e di denari, e porta con sé la dote di ventimila scudi per sposare Giacinto (Aldo Ottobrino), il figlio del conte Anselmo (Virgilio Zernitz) e della contessa Isabella (la suocera, Anita Bartolucci).

Tra suocera e nuora è subito guerra, senza quartiere. Tanto più favorita dal fatto che il conte Anselmo ha del tutto derogato dai suoi doveri di capo famiglia e si dedica, in modo maniacale, a costruirsi, a suo dire, un museo di preziose antichità, che in realtà sono oggetti privi di valore, comprati a caro prezzo da bricconi pronti ad approfittare della sua credulità. A questi personaggi vanno aggiunti una coppia di amici della famiglia, che aiutano a ingarbugliare “la pièce” e tre maschere che sopravvivono come possono approfittando della follia generale.

 

Su questo impianto narrativo Goldoni mette in piedi una deliziosa commediola tutta pepe, spesso giocata su una serie di temi classici, veri e propri topos della commedia d'ogni tempo, che sono appunto la conflittualità tra suocere e nuore, la creduloneria, la ribalderia dei servitori, la piaggeria dei cortigiani ed, infine, lo scontro fra il buon senso plebeo e la vuota fumosità dei nobili.

La performance degli interpreti, primo fra tutti Eros Pagni, è straordinaria con ripetuti applausi a scena aperta finiti in un'ovazione finale, dovuto tributo all’intera compagnia.

In questa Famiglia dell’Antiquario Goldoni ci parla di lui e dei suoi contemporanei; nello scrivere una commedia senza trama, l’autore con poche pennellate dà ai suoi personaggi un’essenza molto profonda, fresca e che come un raggio di luce attraversa con nitidezza i tempi, si ferma e li illumina per un attimo, per poi arrivare fino al nostro presente.

In qualsiasi angolo della città possiamo ancora sentire l’eco delle sue parole che non sappiamo bene se siano uscite da una finestra duecento anni fa o due minuti prima, parole come anelli di una lunga catena che è stata tessuta attraverso gli anni. L’umanità, col tempo, ha accumulato tante cose buone e cattive che dovrebbero aver sepolto una voce di due secoli fa, come quella di Goldoni, e invece l’eco di questa voce è ancora chiara e vicina.

Forse perché visti dal suo sguardo, i sentimenti e le manie sono le stesse? Chi osserva chi in questo testo raffinatissimo? Siamo noi che osserviamo Goldoni o è lui che ci guarda malizioso e sorridente soprattutto contento di aver indovinato una specie di codice genetico di comportamento che perdura allegramente e si ripete e continua a girare come gira il mondo?

 

La famiglia dell’Antiquario è attraversata da una serie di contrasti che, invece di comporsi in lieto fine, come normalmente accade nel teatro goldoniano, restano aperti, irrisolti, risultando la prima commedia goldoniana a trasmetterci il senso di una crisi imminente.

Una crisi che solo apparentemente coinvolge le componenti femminili della famiglia, la suocera Isabella e la nuora Doralice, ma che in realtà rappresenta uno scontro tra due mondi: l’aristocrazia, di cui si percepisce tutta l’inanità, e la borghesia, forte di un potere economico sempre più solido, ma che esita a prendere saldamente in pugno la situazione, perché non ancora perfettamente consapevole di sé.

 

Teatro: Argentina

Città: Roma

Titolo: La Famiglia dell’Antiquario

Autore: Carlo Goldoni

Regia: Lluis Pasqual

Interpreti e personaggi:

Virgilio Zernitz - Il Conte Anselmo Terrazzani,

Alberto Fasoli - Brighella,

Anita Bartolucci - La Contessa Isabella,

Gaia Aprea - Doralice figlia di Pantalone,

Aldo Ottobrino - Il Conte Giacinto,

Nunzia Greco - Colombina,

Enzo Turrin - Il Dottor Anselmi,

Paolo Serra - Il Cavaliere del Bosco,

Giovabbi Calò - Arlecchino,

Eros Pagni - Pantalone Dè Bisognosi,

Massimo Cagnina - Pancrazio

Scene: Ezio Frigerio

Costumi: Franca Squarciapino

Musiche: Antonio Di Pofi

Luci: Sandro Sussi

Periodo: fino al 5 aprile

Produzione: Teatro Stabile del Veneto - Teatro Stabile di Genova con il sostegno de La Biennale di Venezia -spettacolo prodotto in collaborazione con la Regione Veneto nell’ambito delle celebrazioni del terzo centenario della nascita di Carlo Goldoni

 

Lucio De Angelis

(da Notizie radicali, 1° aprile 2009)


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