Diario di bordo
Maria G. Di Rienzo. Favola birmana
29 Marzo 2009
 

Questa storia è antichissima, per cui non se ne conosce l'autore o l'autrice, ma viene ancora raccontata.

Nella grande giungla di Maha Myaing c'era una tigre la cui esistenza era consumata dal desiderio di potere. Un giorno decise di proclamarsi re di Maha Myaing e chiese la sottomissione di tutti gli altri esseri viventi. Molti animali, spaventati, acconsentirono ma non l'aquila, il pitone, l'elefante, il cinghiale, il coccodrillo, il toro, la pantera nera e lo scorpione. Al che la tigre li sfidò ad uno ad uno, con la clausola che se avessero perso lo scontro avrebbero dovuto riconoscerla come re.

Per farla breve, ad ogni scontro la tigre viene ferita, dichiara che la partita è finita in parità e dà il titolo di “re del cielo” all'aquila, di “re della terra verde” all'elefante, di “re del fiume” al coccodrillo e così via. Ma alla fine la tigre è semiparalizzata dal veleno del cobra e dello scorpione, ha perso molto sangue, e ha le costole rotte. Solo i suoi occhi velati si muovono ancora.

Provando compassione per la tigre, in silenzio la scimmia e il vecchio gufo la curano, la nutrono, e l'aiutano a riprendersi sino alla completa guarigione. Solo a questo punto il gufo parla alla tigre: “Ogni animale in questa grande giungla è unico, ed ogni animale ha un ruolo preciso e proprio. Dipendiamo tutti gli uni dagli altri per sopravvivere: questa è la legge della natura. Quando tu dichiari guerra alla natura ed agli altri esseri viventi, dichiari guerra a te stessa”. La tigre capì, e la grande giungla di Maha Myaing conobbe di nuovo la pace.

 

All'umanità occorrono ancora molto veleno, molto sangue e molte ossa rotte per capire?


Maria G. Di Rienzo

(da Coi piedi per terra, 28 marzo 2009)


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