Tremonti bond. Cosa si fa se le banche non rispettano il codice etico? Interrogazione
17 Marzo 2009
 

Se in Italia le banche a corto di liquidità potranno usufruire dei cosiddetti Tremonti bond, i nuovi strumenti finanziari ibridi (tra obbligazioni e azioni), è un po’ meno chiaro secondo quali termini lo Stato, e quindi i contribuenti, eserciteranno la “garanzia” di questi titoli. Con la sottoscrizione lo Stato si assume infatti i rischi, simili a quelli degli azionisti, ma non ha strumenti di intervento, nel senso che non ha poteri gestionali sulle decisioni di quelle banche in merito all’uso del denaro garantito. Tale limitazione è “compensata” da un codice etico e un protocollo di intenti sottoscritti dal ministero dell’Economia e dall’Abi che impegnano le banche a favorire il credito alle Pmi, alle famiglie e a coloro che sono in difficoltà con i mutui per la prima casa. Inoltre, sono previsti anche limiti agli stipendi dei dirigenti e alla distribuzione dei dividendi ai soci, il tutto sotto il controllo della Banca d’Italia.

Questo, significa che a fronte di un impegno finanziario dello Stato c’è una “dichiarazione di buone intenzioni” (codice etico e intenti) delle banche, che non costituisce, però, vincolo contrattuale e che impedisce di ricorrere alla magistratura in caso di inadempienza.

Come rilevato dall’Aduc (Associazione per i diritti degli utenti e consumatori) in merito a tale operazione sorge un interrogativo immediato: nel caso che le banche sottoscriventi non rispettassero il codice etico, cioè non favorissero le Pmi e le famiglie in difficoltà, cosa accadrebbe? Per queste ragioni con il senatore Marco Perduca abbiamo rivolto un’interrogazione al Ministro Tremonti, per sapere, quali provvedimenti può assumere il ministero dell’Economia, affinché le banche rispettino gli impegni etici assunti.

 

Donatella Poretti

 

 

Qui il testo dell'interrogazione


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