Carlotta Zanobini: Targhetta funeraria per Apollinaire
Piccasso: Studio per un monumento, 1929
Piccasso: Studio per un monumento, 1929 
23 Febbraio 2009
 

Basta poco perché le risate di un sabato pomeriggio romano si trasformino in frecce, magari scoccate mirando il bersaglio lontano e ferendone uno molto più vicino. Ecco quanto raccolto in me, frecciandomi, nel visitare la mostra: “Picasso 1917-1937 - L’Arlecchino dell’arte” al Vittoriano; proprio il giorno che chiudeva, l’8 febbraio. Tra Arlecchini con chitarre e malconci cappelli, sono incappata nel progetto di Picasso per un monumento funebre al poeta Apollinaire. Può diventare quotidianità mentale tale monumento, dipinto, dedicato alla morte del poeta che scrisse “Ho colto d’erica un rametto…”? Per me sì; e la nostalgia dei suo versi che ebbero tante figure femminili a reggerne l’equilibrio nella quotidianità dell’amore, mi ha dettato una targhetta funeraria da aggiungere, volante, alla firma del maestro spagnolo. (C.Z.)

 

 

 

Targhetta funeraria per Apollinaire

 

Voglio che tutto il tuo profumo invada questo cielo impavido e voglio essere respirato anch’io. Polline di maggio triste o forse giugno malinconico. Stai immobile e vicino a me che devo confondermi dietro le curve della notte prima che l’azzurro mi tolga la luce per disegnarti… mi resta solo questo, amico mio, non ho chiesto di vivere questa tua morte a Marie Laurencin, già aveva imparato a farlo sotto Pont Mirabeau! Invece Annie Playden mi ha imposto questa sfera, perché nell’instabilità del cerchio rinchiuse il tuo amore regalandoti l’equilibrio che un tempo andavi cercando! E Angelica de Kostrowitzky, tua madre, si è staccata una piuma, non so se dalle sue sconfinate ali o dal suo grande cappello. Ha voluto che la immergessi nel grigio e dipingessi l’ombra che hai lasciato. Poi Jacqueline che al numero 22 della terrazza di Boulevard Saint-Germain ha reclinato il capo e socchiuso gli occhi neri senza abbandonare il suo sorriso, si è curvata su se stessa, recitando l’incertezza del gambero.

Infine, ci sono io, ti lascio un foro e un po’ di spazio pallido, dal buco potrai continuare a raccontarmi di te, e sarò qui ad ascoltarti; la parte bianca di cielo invece è il mio “incompiuto” per te “tutte le parole che avevo da dire si sono mutate in stelle”; ora posso solo tacerle e dedicartene la luce. Con l’arte, la poesia e un cielo intero, puoi arrivare ovunque!

 

Carlotta Zanobini

 

 

 

In copertina: “Studio per un monumento”.

Forse giugno 1929. Olio su tela 73 x 59,7 cm


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