Roma, 22 gennaio 2009 – Un'altra, ancora, a Roma, Via Andersen. La prima cosa che viene in mente è che, purtroppo, non è una favola come quelle dello scrittore a cui la strada è intitolata.
Alice è entrata nel paese degli orrori.
Intervenire sulla mentalità che conduce ancora uomini a offendere, uccidere, stuprare donne è un compito di cui tutti insieme dobbiamo farci carico.
Non per punire il colpevole, non per confortare la vittima, ma per mettere le basi perché non accada
Alice, la chiameremo così, è stata soccorsa –dopo– visitata e medicata –dopo– e poi interrogata.
Questa donna offesa, nel corpo e nella mente, questa donna come le altre, il cui dolore ogni donna sente nella propria carne quando viene alla luce questo tipo di delitto, ha detto che i suoi aggressori erano uno straniero e un italiano.
In un telegiornale gli stupratori venivano indicati come entrambi stranieri.
Come se avesse importanza.
Questo cercare di prendere le distanze attraverso l'utilizzo della diversa nazionalità, non già tra vittima e carnefice, sia chiaro, è un patetico e bugiardo insinuare che gli italiani no, loro queste cose non le fanno, o non così tanto. Se poi vogliamo conferma di questo, l'italiano che ha stuprato la ragazza rumena che faceva le pulizie nel call-center pretende giustificazioni per “un momento di debolezza”.
Sono uomini che stuprano, umiliano, aggrediscono, non è questione di nazionalità, e lo fanno verso donne.
Non chiedono di che nazionalità sei, ma se sei donna e se il momento e l'occasione sembrano favorevoli per una possibile impunità.
Tanto basta.
UDInazionale