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Al Cometa Off “Dai balconi dell’antica Napoli” per godere di una città diversa
Franco Gargia e Mario Maglione
Franco Gargia e Mario Maglione 
28 Novembre 2008
 

Solo purtroppo fino a domenica 30 al Teatro “Cometa Off” di Roma è in scena uno spumeggiante Dai balconi dell’antica Napoli «concerto napolitano in musica e versi». Lo segnalo da laudator temporis acti, poiché oggi la mia città non gode più della fama che i suoi figli hanno cantato.

Oggi si può forse solo ancora godere del mare di questa città «una specie di infinito che si può sfiorare, un mistero buono», come afferma il poeta Salvatore Palomba. Una rivoluzione nonviolenta (per me non potrebbe essere altro) dovrebbe spazzar via «‘e lazzarune e ‘e lazzarunate» che lo stesso Palomba già ammoniva nella sua “Napule nun t’ ‘o scurdà”, inno ai moti delle Quattro Giornate del 1943.

 

Ma torniamo al delizioso Dai balconi dell’antica Napoli”, Franco Gargia e Mario Maglione, i due eccezionali interpreti, regalano novanta piacevolissimi minuti in un sapiente mosaico di buonumore, musica e memoria. Attraverso aneddoti, monologhi, macchiette, i versi più struggenti di Salvatore Di Giacomo, Raffaele Viviani, Libero Bovio, Eduardo e Totò ed autori partenopei altrettanto suggestivi ma meno noti e naturalmente le più celebri canzoni napoletane entrate ormai nell’immaginario collettivo, scopriamo una città inconsueta, lontana dalla cartolina ingiallita dei luoghi comuni.

Ancor oggi d’inverno sul balcone, appeso ad un chiodo, si sistema ‘o piennolo ‘e pummarulelle p’ ‘a vernata e non mancano ‘e ‘nserte d’aglio e ‘cape ‘e cipolle e a primavera vi si sistema la gabbia col canario, che se ne resta a cinguettare.

Sul balcone si possono fare diverse cose: si possono stendere i panni, e contribuire così a rinnovare l’eterna oleografia vesuviana, ma si può anche invece sistemare una sedia al fresco, e parlare con l’immaginario dirimpettaio del palazzo di fronte, come faceva De Filippo nella celeberrima scena di “Questi fantasmi”, approfittandone per filosofeggiare sui modi e le qualità del caffè.

Ecco, questo spettacolo vuol fare la seconda cosa. Vuole usare “i balconi dell’antica Napoli” per parlare di quella attuale, usando i suoi archetipi – dal caffè al Vesuvio, dal “solemarepizza” alla spazzatura – come strumento per ribaltare i luoghi comuni che la soffocano.

Lasciata perciò alle spalle l’oleografia, la retorica di quelli che la vogliono immobile in una cartolina ingiallita, la città si mostra in questo spettacolo in maniera speciale. Aneddoti, racconti e canzoni segnano un percorso originale, dove i cultori più attenti trovano conferme dei loro approfondimenti, e gli spettatori più curiosi, invece, sorprese e rivelazioni inedite.

 

Brevissime note biografiche su autori come Di Giacomo e Bovio, basate su episodi noti solo a pochi, aggiungono un pizzico di pepe in più alla recitazione e all’esecuzione di versi e canzoni entrati ormai nell’immaginario collettivo.

Il resto lo fa l’indiscussa bravura dei due interpreti che – dal loro personale balcone – guidano lo spettatore alla riscoperta di una città che non vuole più sprofondare nel buio dei vicoli, ma cerca con forza lo slancio per volare alto sopra di essi.

Franco Gargia, ingegnere allievo del leggendario matematico Renato Caccioppoli, attore da sempre, ma da 27 anni a tempo pienissimo, nel suo lungo curriculum artistico vanta innumerevoli e prestigiose collaborazioni: Tina Pica e Luigi De Filippo, Aldo Giuffrè, Roberto Murolo e Gavino Ledda. Attore versatile e fine dicitore, Gargia è molto apprezzato anche all’estero e, in particolare, in Canada, in Venezuela e Brasile, che ha percorso in lunghe tournée.

Tra i suoi successi recenti, il monologo La Dismissione, confessione intima di un vecchio operaio dell’Ilva di Bagnoli, che dal suo balcone assiste alla demolizione della fabbrica dove ha lavorato tutta la vita. Autore del testo, il suo ex compagno di scuola Ermanno Rea.

Gargia passa dai versi del comicissimo Mast’Errico di Viviani a quelli intensi di ‘A livella di Totò con bravura e simpatia, passando per i versi di Di Giacomo, Bovio, Eduardo, Palomba e Cicala. Mario Maglione è il più attento continuatore di una grande scuola di canto che in Roberto Murolo ha il suo indiscusso maestro. Il vulcanico interprete canta in modo impeccabile dodici brani tra cui “Era de maggio”, “Reginella”, “Malafemmena”, “Luna Rossa”, “‘O surdato ‘nnamurato”. Napoletano verace, Maglione nasce a Mergellina, luogo deputato da sempre ad essere ricordato e immortalato, con la sua immagine poetica, nei versi delle famose canzoni partenopee.

Murolo dichiarò che «la meritatissima popolarità di cui gode il suo allievo è il risultato congiunto di un suo originale e singolare modo di “comunicare”, saldamente sorretto da una sperimentata tecnica e dal pregio di una voce dagli accenti vocalmente potenti e armoniosamente espressi».

 

Pregevole, infine, l’adattamento di Renato Ribaud che ha mixato sapientemente brani e versi tristi e allegri, donando allo spettatore una Napoli diversa da quella delle recenti cronache.

 

Teatro: Cometa Off

Città: Roma

Titolo: “Dai balconi dell’antica Napoli”

Adattamento di Renato Ribaud

Regia: Franco Gargia

Interpreti: Franco Gargia e Mario Maglione

Associazione Culturale Teatro del Mare Claudio Giova

Periodo: fino al 30 novembre

 

Lucio De Angelis

(da Notizie radicali, 27 novembre 2008)


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