In tutta libertà
Alberto Figliolia. "Burn after reading" dei Fratelli Coen
01 Novembre 2008
 

«La situazione è tragica, ma non è seria» è la magnifica espressione che si vorrebbe di Ennio Flaiano, colui che disse anche... «Fra trent'anni l'Italia non sarà come l'avranno fatta i governi, ma come l'avrà fatta la TV». Ma quest'ultima è un'altra storia, o forse no. Certo è che il grande artefice di Tempo di uccidere (perché non tornare a leggere tale splendido libro?) sapeva quel che diceva. Un anticipatore, tout court e in toto. La situazione è tragica, ma non è seria andrebbe benissimo anche per l'ultimo film dei Fratelli (ormai si scrive con la maiuscola) Coen, gli immaginifici Ethan e Joel, che stanno (ri)disegnando l'America con le loro pellicole di travolgente-perfida-superironica intelligenza.

Dopo i fasti del crepuscolare Non è un paese per vecchi in cui compare il più incredibile killer di tutti i tempi, i Fratelloni di Minneapolis tornano nelle sale e all'attenzione globale con Burn after reading (in italiano – la solita pessima traduzione – A prova di spia), film d'impossibile inquadramento di genere: acida e sofisticata commedia, con coppie che si tradiscono in maniera forsennata e ridicola, amori via Internet e pedinamenti di studi di avvocati specializzati in cause di divorzio? Noir? Spy story? Apologo? Di tutto un po', e ancora d'altro un po'. Scalcagnati personaggi in cerca d'improbabili fortune, e i vizi di una nazione messa impietosamente alla berlina, incroci pericolosi con la massima centrale di spionaggio, da cui inesorabilmente dipenderebbero i grandi destini del mondo affetto, peraltro, dall'ipocrita morbo di certa realpolitik. In breve, una banda di cretini che si districa fra un equivoco e l'altro, sino ai sanguinosi botti e a un semilieto/amaro happy end.

«Cosa abbiamo imparato da questa storia? Niente! Beh almeno abbiamo imparato a non rifarlo più. Ma non abbiamo fatto niente! Che cazzo di casino!», la conclusione di un altissimo dirigente “spione”. Esilarante a suo modo e disarmante. Come noi tutti a bordo di una nave dei folli, e chissà quali nocchieri... Un film che si può leggere come un “elogio dell'idiozia”. Perfetti nella parte il puttaniere George Clooney, l'istruttore tutto muscoli e zero cervello Brad Pitt, l'analista licenziato dalla sua Agenzia John Malkovich, un bel trittico di star al servizio di una pellicola corrosiva che fa ridere e sorridere amaro. E tutto parte da un CD dimenticato in una palestra gestita da un ex prete ortodosso innamorato cotto di un'aiutante che vuole rifarsi tette e fianchi... Ah, si passa anche per l'ambasciata russa nello scivolamento della vicenda verso la sua conclusiva farsa-tragedia. Il problema è che magari, oltre i modi del cinema, queste cose possono sul serio e grottescamente accadere. Siamo, nella nostra vita quotidiana, relazionale, sentimentale e di homines politici, sotto il controllo di deficienti patentati, matricolati e autorizzati? Inconsapevoli per di più, noi e loro?

 

Alberto Figliolia


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