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“Si tagliano le gambe alle generazioni future”. Alessandra Borsetti Venier intervista Vittoria Franco
Alessandra Borsetti venier con Vittoria Franco
Alessandra Borsetti venier con Vittoria Franco 
31 Ottobre 2008
 

Come Ministro Ombra delle Pari Opportunità del Pd cosa pensi del modo di agire del governo Berlusconi che, alla faccia di tutte le proteste e occupazioni dei giorni scorsi, è andato avanti per la sua strada e, senza curarsi della rivolta popolare, ha approvato il decreto Gelmini?

Vittoria Franco: Quella di oggi è una giornata molto buia, non solo per la scuola italiana, ma per il Paese intero. Il Senato ha approvato definitivamente, ovviamente a maggioranza, il decreto Gelmini sull’istruzione. Sia chiaro che non stiamo parlando di una riforma della scuola e neanche di una controriforma. Stiamo parlando, è questo il vero fatto grave, di un complesso di tagli pesantissimi all’istruzione primaria e secondaria, che tradotto significa: meno scuola per tutti. Il governo Berlusconi sta volutamente destrutturando il sistema pubblico dell’istruzione e della formazione perché sa che in questo modo colpisce il fondamento di una democrazia: le pari opportunità di accesso alle possibilità di realizzazione degli individui. Altrimenti una maggioranza responsabile si sarebbe fermata, avrebbe ascoltato il dissenso e accolto almeno le istanze più ragionevoli.

 

È evidente che dietro ai grembiulini e ai voti in condotta ci sono problemi ben più gravi…

Infatti, già con la manovra finanziaria approvata ad agosto, il governo Berlusconi aveva deciso il destino delle elementari, delle medie, delle superiori e persino dell’Università e della ricerca. L’entità dei tagli parla molto chiaro sulle priorità di investimento di questo Esecutivo: 7,8 miliardi di euro in meno per la scuola e 1,4 miliardi di euro in meno per l’università nel triennio. Saranno 130 mila i posti tagliati nella scuola, tra i quali 54 mila da insegnanti e di questi 11.500 di specialisti in lingua inglese. Sparisce il tempo pieno alle elementari: l’orario viene ridotto a 24 ore settimanali. Di fronte a questi numeri, le misure introdotte dal decreto della titolare del dicastero di viale Trastevere, se pur gravi, sembrano uno specchietto per le allodole. Ma che sia un’inaudita deprivazione di risorse ai danni dell’istruzione pubblica, a favore di quella privata, il vero nocciolo della questione, gli studenti l’hanno capito benissimo.

 

Tutti i provvedimenti presi dall’entrata in carica di questo Governo si sono occupati di tagli come se soltanto questi interventi servissero a sanare lo sviluppo economico e sociale del paese…

Tagliare sul sapere, sulla formazione, sulla cultura, sulla scuola, sull’università, sulla ricerca significa tagliare le gambe alle generazioni del futuro, non puntare sul capitale umano, chiudersi in difesa. Ho incontrato, più volte, sia a Roma che a Firenze, le ragazze e i ragazzi che protestano ormai da settimane. E devo dire che sono stata colpita dalle loro ragioni e dalla loro consapevolezza. In questo momento è ancora in corso proprio davanti al portone principale del Senato una manifestazione molto chiassosa e pacifica, con momenti di violenza solo da parte di studenti della destra. Il presidio dura da giorni, anche sotto la pioggia torrenziale che ieri ha colpito la Capitale, con gli universitari che il pomeriggio danno il cambio ai liceali. Ciò che mi hanno ripetuto questi giovani è che non vogliono pagare la crisi che sta colpendo l’Italia, né quella che ci aspetta ancora. Ciò che li distingue da altri movimenti studenteschi della storia sono le motivazioni esistenziali: non vogliono solo un futuro diverso, vogliono riappropriarsi della possibilità stessa di avere un futuro. Non è poco, e hanno ragione.

 

Invece che preoccupazione per la situazione dell’università e inquietudine per il futuro della scuola dovremmo essere proprio grati all’“innovazione” del decreto Gelmini!

Altro che innovazione! Lo sanno bene i paesi più avanzati del mondo e quelli di più recente industrializzazione, come la Cina e l’India, che investono fette cospicue del Pil sulla formazione dei giovani. Noi arriviamo a mala pena all’1%, quando il Trattato di Lisbona ci imporrebbe di arrivare a una percentuale del 3%. Solo così il sistema pubblico dell’alta formazione potrebbe crescere e potremmo evitare che i nostri giovani più brillanti vengano regalati agli altri paesi che sanno investire in innovazione. E adesso la ciliegina sulla torta: Berlusconi ha annunciato che rivedrà gli stanziamenti per la scuola: ma per quella privata. Noi continueremo la nostra battaglia per riformare davvero la scuola, per renderla migliore e più adeguata, non per impoverirla. Abbiamo descritto agli studenti le difficoltà già esistenti che occorre affrontare per studiare e fare ricerca, che con la nuova legge saranno sempre più aggravate: vengono a innalzarsi le barriere d’accesso all’alta formazione con il rischio che gli atenei, in base alla dubbia possibilità di trasformarsi in fondazioni private, aumentino le tasse studentesche. E la eventuale trasformazione delle università in fondazioni le porterà fuori da ogni controllo e verifica da parte delle istituzioni che non potranno quindi intervenire su logiche che saranno quelle del “mercato” e non quelle di una istruzione pubblica e di massa.

 

Berlusconi ha detto «con voi siamo stati fin troppo pazienti, vi abbiamo concesso spazi che non vi spettavano»...

Su questi temi la maggioranza e il Governo non intendono aprire canali di dialogo né con l’opposizione parlamentare né con il mondo universitario. I tempi di discussione in commissione e in aula sono stati contingentati, la richiesta di fare audizioni con i soggetti interessati da questi provvedimenti e la presenza del Ministro Gelmini durante la discussione sono stati risultati ottenuti dall’opposizione con un senso di fastidio e di inutilità da parte della maggioranza. Un atteggiamento mai visto in una democrazia!

 

Alessandra Borsetti Venier


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