Diario di bordo
Michele Boato. Vicenza, una giornata di vera democrazia
08 Ottobre 2008
 

Il Tar del Veneto, il 18 giugno 2008, accoglie la richiesta di Codacons ed Ecoistituto del Veneto di sospendere l'inizio dei lavori per la nuova base militare americana a Vicenza.

Abbiamo gridato al miracolo, “David ferma Golia” titola Gaia n. 36 uscita qualche giorno dopo.

Un mese prima, il 27 aprile 2008, era successo un altro grande evento a Vicenza: la città, pur con una maggioranza risicata, aveva eletto sindaco Achille Variati, capogruppo del Pd in Consiglio regionale, e già sindaco come Dc di sinistra. Variati si presenta su una posizione apertamente anti-base Usa, pur nell'isolamento rispetto al resto del Pd veneto e soprattutto nazionale, visto che la base è stata fortemente voluta, ed imposta, da Prodi e dai suoi ministri degli esteri D'Alema e della Difesa Parisi.

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Il neosindaco conferma il referendum

Appena eletto, Variati conferma ciò che aveva promesso in campagna elettorale: subito dopo l'estate la città sarà chiamata a pronunciarsi sulla nuova base, attraverso un referendum comunale. Il Consiglio comunale l'8 luglio stabilisce per domenica 5 ottobre la consultazione su un quesito strettamente attinente alle competenze urbanistiche del Comune: «È favorevole all'adozione da parte del Consiglio comunale di Vicenza, nella sua funzione di organo di indirizzo politico-amministrativo, di una deliberazione per l'avvio del procedimento di acquisizione al patrimonio comunale, previa sdemanializzazione, dell'area aeroportuale 'Dal Molin', ove è prevista la realizzazione di una base militare statunitense?».

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Parte la controffensiva

Il 29 luglio il Consiglio di Stato accoglie la richiesta del nuovo governo di annullare la sentenza con cui il Tar veneto aveva sospeso l'inizio dei lavori (in attesa di deliberare definitivamente sul nostro ricorso nell'udienza dell'8 ottobre 2008). Le motivazioni sono incredibili: “È un atto politico e il Tar non può sindacarlo. Non vi sono riscontri di possibili danni ambientali. Non servono consultazioni della popolazione”.

Immediatamente dopo, parte l'attacco di Berlusconi che, con una lettera pubblica, invita pressantemente il sindaco a non indire il referendum: «Le ricordo ancora una volta che la consultazione popolare da lei indetta si manifesta ancora più gravemente inopportuna. L'area demaniale dell'aeroporto Dal Molin» scrive Berlusconi «è stata destinata dal governo all'ampliamento della base Usa di Vicenza, nell'adempimento di precisi obblighi internazionali, e, inoltre, nell'esercizio delle sue esclusive attribuzioni di politica estera, di difesa e sicurezza nazionale. Essa è stata consegnata all'Amministrazione degli Stati Uniti il 30 luglio 2008. Deve, dunque, escludersi qualunque utilizzo diverso da quello dell'ampliamento sopra indicato, del genere prospettato nel quesito referendario predisposto. La consultazione popolare in una materia costituzionalmente sottratta alla valutazione popolare diretta perché specificamente e indiscutibilmente concernenti obblighi derivanti da un trattato internazionale in materia di difesa (articolo 75.2 della Costituzione), avrebbe una pesante ricaduta perché si porrebbe in diretto contrasto con l'azione del governo, e con le valutazioni della magistratura e rischierebbe di fomentare ulteriori tensioni interne ed esterne non facilmente prevedibili».

Immediata la replica del sindaco: «Il nostro quesito non tocca le sfere della politica estera e della difesa nazionale. Il nostro è un quesito di natura patrimoniale. Chiediamo soltanto di concedere ai vicentini di dire la loro».

A Berlusconi fa eco il “democratico” Paolo Costa, nominato Commissario straordinario alla costruzione della base da Prodi, che così lo ricompensava dello zelo con cui era riuscito (come sindaco di Venezia, assieme ai suoi assessori Bettin e Paolo Cacciari), a far iniziare i lavori del mostro Mose. Costa, confermato Commissario da Berlusconi, il 30 luglio si affretta a consegnare l'area Dal Molin agli americani, e il 17 settembre, alla vigilia del pronunciamento del Tar veneto sull'ammissibilità del referendum, vola in Prefettura di Vicenza da cui le spara proprio grosse:

«Questo referendum è intrinsecamente antidemocratico perché teso a rendere inefficiente la nostra democrazia opponendosi alle istituzioni nazionali, le sole titolate a decidere in materia di politica estera e di difesa per conto dell'intera comunità. Non è un problema di democrazia diretta o di democrazia rappresentativa, è che, in materia di politica estera e di difesa, il 'potere del popolo' si esercita solo attraverso il livello di governo nazionale. Per questo il referendum voluto dal sindaco Variati è un esercizio antidemocratico, poiché cerca di prevaricare l'interesse nazionale in nome di un interesse locale non costituzionalmente tutelato».

Gli risponde il sindaco Variati: «Costa la smetta di dire stupidaggini. Con questa consultazione ci occupiamo di questioni ed aree che riguardano il nostro territorio e agiamo all'interno delle competenze dell'ente locale. Quanto poi all'affermazione che la consultazione sia antidemocratica, la ritengo una vera stupidaggine, perché il chiedere un parere ai cittadini è l'esatto contrario di un'azione antidemocratica. E poi non accetto lezioni di democrazia da chi ha dato, a suo tempo, consigli al governo su come soffocare il dissenso della comunità locale sulla nuova base».

Il Tar non si lascia intimidire e l'indomani respinge il ricorso contro il referendum motivando così: «Nessun danno da una consultazione esplorativa».

Ci pensa il solito Consiglio di stato, il primo ottobre, a tre giorni dal referendum, a rovesciare anche la seconda sentenza del Tar Veneto, dichiarando inammissibile la consultazione. La sera stessa oltre 10.000 persone riempiono Piazza dei Signori a Vicenza e davanti a loro Variati conferma il referendum con queste parole: «Se non ci permettono di votare nelle nostre scuole, domenica voteremo davanti le nostre scuole, sotto i nostri gazebo».

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Una giornata di vera democrazia

E così è stato: in meno di tre giorni centinaia di volontari hanno organizzato 32 seggi e domenica 5 ottobre sono andati ordinatamente ad esprimere la loro opinione 24.094 persone iscritte alle liste elettorali di Vicenza: 23.050 hanno votato “sì” alla proposta di smilitarizzare l'area, 906 “no”, 92 schede bianche e 46 nulle. Ovviamente non si è raggiunto il quorum del 50% degli aventi diritto, ma la città ha espresso tutta la sua dignità, con in testa un sindaco che la rappresenta contro i soprusi di ogni tipo, un movimento nonviolento che è cresciuto a dismisura, fin dentro la chiesa, con decine di sacerdoti e suore al suo interno, nonostante alcune sbavature dei centri sociali, il silenzio assordante del Pd e della gerarchia ecclesiastica.

 

Michele Boato

(da Notizie minime della nonviolenza in cammino, 8 ottobre 2008)


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