E ancora niente sembrava scalfirgli il sorriso
come un piano mono-nota i nomi sbagliati
sulle pizze, lei pronunciava e rideva nella luce.
E tornava al tavolo, quello all’angolo sulla sinistra
una vita gli aveva aperto colori tra le ordinazioni
così planava sui valligiani parcheggiati e spenti
nella pizzeria misto cinese. C’erano i camion,
quelli che corrono sotto la pelle quando si affaccia
la strada statale. I piatti, le posate, gelato fritto
la salsa rossa quasi fosforescente come sangue
lucidato e tirato a nuovo. La cera, ecco la cera,
qualcosa di opalescente riluceva dai discorsi
nostri come se qualcos’altro d’oriente voleva
amabilmente incastonarsi e spremersi sui vestiti
perenne, e spezzarci il concetto di tavola e sorrisi.
Massimo Bevilacqua