Oblò cubano
Cuba. Stato sociale, forse cade un tabù
20 Agosto 2008
 

Il governo di Cuba sta studiando come intaccare il sistema di assistenza sociale, su cui si è retta per 50 anni la dittatura castrista, per spingere la gente a lavorare di più. A scriverlo è il Financial Times, che cita Alfredo Jam, responsabile delle analisi macroeconomiche presso il ministero dell'Economia dell'Avana, per il quale i cubani sono stati «eccessivamente protetti» da un sistema che contiene i prezzi degli alimentari e limita i guadagni delle persone. Questo, dice, ha causato scarsità di forza lavoro in industrie importanti.

«Non possiamo dare alla gente così tanta sicurezza sugli introiti, perché influenza la loro voglia di lavorare», ha detto Jam. «Possiamo avere uguaglianza nell'accesso all'istruzione e alla sanità ma non uguaglianza nei guadagni».

L'economista spiega che l'uguaglianza «ha contribuito a mantenere la coesione sociale» negli anni 90, quando Cuba rischiò il collasso economico dopo la fine degli aiuti sovietici, «ma quando l'economia si riprende, capisci che c'è un livello di protezione che deve cambiare. Non possiamo avere una situazione in cui non è il lavoro a dare accesso ai beni».

Sotto Raúl Castro, fratello del anziano e malato Fidel, il governo ha avviato una serie di timide riforme, ammorbidendo le restrizioni sui bonus che si possono dare ai lavoratori, e togliendo il divieto all'acquisto di telefonini e riproduttori di dvd. È stato anche decentralizzato il sistema agricolo e promesso che le terre non utilizzate potranno essere sfruttate da cooperative e contadini privati per limitare l'import alimentare.

Lo stato sociale è rimasto però intatto, per cui i cubani hanno diritto a beni alimentari di base, a prezzi molto più bassi che in qualsiasi parte del mondo, affitti e bollette sono molto economici, mentre scuola e sanità sono completamente gratuite.

 

(da Nuova Agenzia Radicale, 19 agosto 2008)


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