Il blog di Alejandro
A. Torreguitart. I fratelli De Rege cubani
18 Luglio 2008
 

Ogni paese ha gli umoristi che si merita. A Cuba scappano i comici della televisione ma restano i comici involontari.

Ricardo Alarcón de Quesada è un grande, lui non s’intende di economia, ma tocca le giuste corde quando deve far ridere la gente e va premiato per questo. Il vecchio Ricardito, comunista duro e puro, dopo aver fatto ridere il mondo per la figuraccia rimediata all’Università dell’Avana davanti a quattro ragazzotti che chiedevano come mai a Cuba non si potesse fare niente, solo dire tutto va ben madama la marchesa, torna a far scompisciare dalle risate e parla di democrazia. E allora metto le virgolette, anzi il corsivo, ché il copyright è di Ricardito, non glielo voglio rubare.

Cuba ha lottato per mezzo secolo per difendere un sistema politico veramente democratico, di fronte all’assurdità, che giunge a essere patetica, di un paese poderoso che ha preteso di imporle il modello politico della democrazia rappresentativa. Abbiamo resistito a un criminale blocco economico e a ogni tipo d’aggressione, ci siamo difesi di fronte al criterio di un supposto valore della cosiddetta democrazia rappresentativa che, come hanno affermato antichi pensatori, non né una cosa né l’altra.

Bravo Alarcón che hai scelto ancora l’Università dell’Avana per dire cazzate. Avrai pensato: ormai mi conoscono, posso andare avanti, le puttanate sono come le ciliegie (pure se a Cuba si vedono poco meglio i mamoncillos), una tira l’altra, magari li convinco pure che mangiare troppo fa male, la dieta del periodo speciale è stata salutare, adesso siamo il popolo più bello del mondo.

Sei preparato in storia, Ricardito, l’economia non fa per te, ma il passato è il tuo forte e allora racconti le costituzioni cubane durante le guerre d’indipendenza contro la Spagna, da Guaimaro fino a La Yaya, parli di Carlos Manuel de Cespedes che concede la libertà agli schiavi, li chiama uomini liberi e cittadini. Dacci sotto Ricardito, convinci tutti che Carlos Manuel de Cespedes ha lottato per una democrazia dove parla soltanto il capo e gli altri applaudono e votano per plebiscito. Affetta il pane della scienza per noi ignoranti e dicci che i Padri della Patria, José Martí in testa, volevano una democrazia dove per uscire da Cuba serve una carta blanca e quasi sempre ti dicono di no se la pensi in maniera difforme dal potere. Spara a raffica le tue micidiali puttanate che noi siamo qui a raccogliere e a ridere, pare proprio che tu ci creda Ricardito, come sei buffo, così fuori dal mondo e condannato dalla storia. Essere colti per essere liberi, ha detto qualcuno un po’ di tempo fa e allora ti dico che noi non siamo né l’uno né l’altro, ché la nostra cultura sono soltanto le cose che ci avete voluto insegnare, stando bene attenti che non ci mettessimo a pensare con la nostra testa, pensare è sconsigliato, fa male a chi non è abituato. E voi non ci avete abituati, faceva comodo un popolo bue, chi sollevava la testa per dire che forse non era proprio come la raccontavate finiva a sfogliare tramonti in prigione e usciva da vecchio, se non affogava in un braccio di mare mentre scappava. Facci sognare, Ricardito. Facci ridere ancora. Mi piace sentirti dire che l’uomo, nell’immensa globalizzazione neoliberale, diventa un’entità senza valore, su cui agiscono forze cieche da cui non può liberarsi. Tutto questo non c’entra niente con la lezione di Lincoln, vero, neppure a me piace un mondo globalizzato, ma non per questo prendo come modello un socialismo che con una mano si dice democratico e con l’altra imbavaglia oppositori. Ricardito, spiegami perché Generación Y di Yoani Sánchez si legge in tutto il mondo ma non a Cuba, pare che sia oscurato. Dimmi come mai non posso collegarmi con i blog e le riviste dei giornalisti indipendenti e magari anche perché non posso avere la connessione internet a casa, visto che ora i computer me li fate comprare, se trovo i soldi per farlo. Una cosa alla volta, dice il vecchio Ricardito, ci pensa la nostra tradizione rivoluzionaria e di lotta per l’indipendenza, specchio di democrazia.

Il comico esaurisce il repertorio, non era facile arrivare in fondo così in forma, ha infilato una serie di battute micidiali, una dopo l’altra, tutte efficaci, incredibili, quasi esaltanti. Sto morendo dal mal di pancia, mi sono piegato in due dalle risate.

Lo spettacolo termina in bellezza, ché adesso arriva Armando Hart Davalos e parla di José Martí come del pensatore cardine per la rivoluzione cubana, ma tocca vette di comicità surreale quando afferma che Felix Varela ci ha insegnato a pensare, José de Luz y Caballero a conoscere, Martí ad agire e Fidel a vincere.

Ecco, davanti a simili mostri di comicità involontaria i mitici fratelli De Rege diventano una coppia di dilettanti. Signori e signori, oggi avete assistito al programma di cabaret di Ricardo Alarcón de Quesada e Armando Hart Davalos. Mi resta soltanto la curiosità di sapere chi dei due è il cretino.

 

Alejandro Torreguitart Ruiz

L’Avana, 17 luglio 2008

Traduzione di Gordiano Lupi


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