Telluserra
Marco Cipollini: A una ragazza musulmana
04 Giugno 2008
 

Nell’Antologia ToscanAutori, dell’Ibiskos Editrice di A. Risolo, Empoli 2008, € 15,00, ci ha colpito particolarmente (forse sarebbe meglio dire “unicamente”) questa poesia del nostro collaboratore, incredibilmente (si chiede venia per i troppi avverbi) arrivata seconda nel locale concorso, di cui l’antologia è il coronamento editoriale. Ma si sa, il mondo, specie quello letterario, è quello che è, e dei gusti, specie in poesia, è superfluo e forse pernicioso discutere. A parte ogni considerazione di preferenza personale, quello che segue ci pare un testo di alto valore civile — è chiaro il riferimento al recente evento luttuoso, anche se i versi assumono una propria autonomia narrativa, — un testo per di più molto sentito e (ultimo avverbio!) perfettamente reso nella forma espressiva. Ai lettori il giudizio.

 

Claudio Di Scalzo

 

 

A UNA RAGAZZA MUSULMANA

 

Nel nome di Dio misericordioso

fosti sgozzata da un padre ossequioso

 

a precetti più aspri del granito,

e così fu l’onore garantito:

 

la tua voce, dignitosa e modesta,

non gli piegò un capello sulla testa.

 

Volevi solo schiudere un sorriso

a chi d’amare avevi tu deciso,

 

volevi solo per la via piacere

solo a chi ti piaceva, anche tu avere

 

come ogni ragazza la tua storia

con il tuo primo bacio, intima gloria.

 

Ma convincere chi da sempre odia

un solo sguardo a chi non l’ha in custodia

 

non potevi. “Papà” gridasti, e agnello

fosti alle zanne sue e di tuo fratello.

 

Nel nome di Dio misericordioso

un atto fu compiuto giudizioso,

 

cui dettero i parenti una sofferta

approvazione, che ogni figlia avverta.

 

                    * * *

 

Sbocciata era e leggera in un momento

l’anima come il tarassaco al vento,

 

perché non ha questo mondo inventato

più dolce istante di un innamorato

 

che alla sua bella fa il primo saluto

col cuore in gola, come impreveduto,

 

e l’umido scintillio d’uno sguardo

lei scocca di sfuggita e volge tardo…

 

Oh quegl’incontri casualmente esatti,

e quei discorsi incerti e incerti atti,

 

e il primo appuntamento, un po’ nascosti,

e lo svelarsi i sogni più riposti

 

fra risa e rossori, e i visi accostati,

e il batticuore, e gli attimi beati

 

che le bocche tremanti, occhi socchiusi,

i sospiri si porgono confusi,

 

ed ecco che si avvera la promessa

nel grembo della madre a te già espressa

 

dai suoi battiti: il bacio lì esitante,

che rimarrà nei giorni eterno istante.

 

                    * * *

 

Tante volte ho pensato te al cospetto

di tuo padre, ai suoi occhi da furetto

 

a udir da te parole inconcepite,

io voglio lui!”, da donne pervertite.

 

Questo grido d’amore, sigillato

nei film da un bacio, recise il tuo fiato.

 

Non sognavi, normale meraviglia,

che tutta tua soltanto una famiglia

 

cui accudire, con le preoccupazioni

dei soldi a fine mese, le emozioni

 

delle nascite e delle ricorrenze,

con i preparativi e le partenze,

 

e anche qualche litigio, ma in cui tutto

nel tempo bello va avanti e nel brutto,

 

e con i figli, a volte anche irritanti,

fonte di guai altre volte, ma di quanti

 

beni ci sono al mondo il più prezioso.

Tutto finì con un padre orgoglioso

 

del suo coltello, da cui gocciolava

il sangue della figlia, la sua schiava.

 

 

 

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