Diario di bordo
Valter Vecellio. Nucleare. Discutiamone
27 Maggio 2008
 

Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, all’assemblea di Confindustria ha promesso un ritorno all’energia nucleare: «È ora di voltare pagina», ha detto, incassando l’applauso della presidente degli industriali Emma Marcegaglia. Per il ministro Scajola «solo queste centrali consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro e nel rispetto dell’ambiente». Ecco dunque che «entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione di una centrale nucleare di nuova generazione».

Secondo le intenzioni del ministero e dunque del governo Berlusconi, si dovrebbe arrivare entro il 2013 all’apertura dei cantieri per uno o più impianti nucleari. Non si sa ancora bene quanti; si vedrà in seguito. Il ministro Scajola ha parlato di centrali sicure, di ultima generazione. Par di capire che si guardi all’esempio che viene da Okiluoto, in Finlandia: un reattore pressurizzato ad acqua; gli esperti dicono che è tra i più sicuri. Il costo supera i 700 milioni di euro previsti (ora siamo al 35 per cento in più di quanto stimato in origine). Secondo i progetti del ministro Scajola e del governo Berlusconi, si dovrebbe produrre energia per garantire il fabbisogno “interno”, ma anche per venderla, come già fanno Francia e Germania.

 

Il “nucleare” piace. Non è una novità, per esempio, che uno dei fondatori di Legambiente, Chicco Testa, da tempo sia sostenitore del “nucleare”. Ha ribadito questa sua scelta di campo qualche giorno fa, in un articolo per Il Riformista: «Il problema principale che ha l’Italia dal punto di vista energetico ed ambientale», ha scritto non senza ragione, «è in modo palmare sotto gi occhi di tutti: l’eccessiva dipendenza dai combustibili fossili». Testa invita ad affrontare la questione in modo pragmatico e non ideologico: «Pochi italiani forse sanno che le importazioni di energia nucleare dall’estero verso l’Italia sono di tale entità che è come se cinque o sei centrali nucleari lavorassero già esclusivamente per il nostro paese. Solo che stanno in Francia o in Svizzera. La rinuncia a questa fonte di energia, impraticabile oltre che per ragioni di approvvigionamento e di costo, produrrebbe anche in Italia una tale impennata nella produzione di CO2 da metterci fuori da qualsiasi accordo o target di riduzione della stessa…». Insomma, sì al nucleare.

La posizione di Testa sembra essere condivisa da circa il 58 per cento degli italiani. Certamente è cambiata la generazione che vent’anni fa votò contro il nucleare. Il petrolio continua a crescere raggiungendo picchi vertiginosi, e siamo un po’ tutti stanchi di dover dipendere dagli arabi, da un caudillo come Chavez o “prigionieri” di Gazprom russa… Inoltre non si può certamente all’infinito fare quello che si è fatto negli ultimi cento anni: pompare e costruire pozzi petroliferi indiscriminatamente. Su una novantina di paesi produttori, una sessantina hanno già raggiunto il cosiddetto “picco”, e la loro produzione è in calo. Gli Stati Uniti hanno raggiunto questo “picco” nel 1970, seguiti da Venezuela, Libia, Iran, Gran Bretagna, Norvegia. L’offerta è sostanzialmente stabile, intorno agli 86-87 milioni di barili al giorno, mentre cresce la richiesta. Il prezzo dunque è destinato ad aumentare. In proposito è interessante andare a rileggere le previsioni che nei primi anni Settanta faceva il Club di Roma: crisi economica mondiale tra il 2020-2030; crollo della produzione agricola; calo della produzione del greggio e del gas naturale, picco della popolazione intorno al 2040-50. Previsioni che via via si stanno confermando esatte.

I sostenitori del nucleare sostengono inoltre che le centrali sono molto più sicure, da vent’anni infatti non si registrano incidenti.

 

Bene. Accettiamolo, questo approccio pragmatico e non ideologico. Allora, la madre di tutti i problemi:che si fa delle scorie? Si possono costruire depositi in profondità; si possono fare depositi in superficie; si possono stipare in un laboratorio altamente tecnologico per trasmutazione del materiale altamente radioattivo. Risposte in questo senso non ne sono venute. Dovrebbero esserci.

Ancora: il ministro Scajola sostiene che grazie al nucleare l’Italia finalmente potrà raggiungere il livello tecnologico e produttivo dei paesi più avanzati dell’Occidente. Allora: è vero o no che Stati Uniti e mezza Europa, da anni non costruiscono più centrali perché costano troppo?

A proposito di centrali sicure: è vero o no che quelle definite “di ultima generazione” sono centrali di “terza generazione” disponibili anche oggi, e che non contengono nessun particolare ritrovato? Il problema delle scorie non ha fatto alcun passo in avanti sostanziale rispetto a vent’anni fa. Le centrali di cosiddetta “quarta generazione” che promettono importanti innovazioni su questo problema, sembra siano disponibili solo fra venticinque anni. Forse.

La questione dei costi. L’energia “pulita” prodotta da una centrale nucleare costa relativamente poco, però ingenti sono i costi di costruzione di una centrale, la gestione delle scorie, l’eventuale smantellamento. Secondo il MIT di Boston, nel 2003 servivano circa due miliardi di dollari, per costruire un reattore da mille megawatt. Il DOE, il ministero per l’energia statunitense stima i costi di produzione dell’energia nucleare con i nuovi impianti in 6,33 centesimi di dollaro per ogni chilowatt. Non quantificabili i costi per lo smantellamento, quando sarà necessario. Questo spiega perché di centrali nucleari se ne costruiscano poche?

Attualmente gli idrocarburi garantiscono l’85-90 per cento dell’energia totale usata nel mondo. Il 7-8 per cento viene dal nucleare. Sostituire petrolio e gas non è né facile né semplice. L’idrogeno in forma libera non esiste: lo si può fabbricare, ma attualmente il processo richiede più energia di quanto se ne ricavi. Il carbone è un minerale a più bassa intensità di energia, ma a parte i problemi legati alla sua estrazione, le stime dicono che le riserve potrebbero bastare per una decina d’anni. Tra le non rinnovabili (e tra queste c’è anche l’uranio) secondo un rapporto di Carlo Rubbia e David Goodstein, ne abbiamo per una ventina d’anni: «Usiamo quattordici Terawatt di energia», dice l’astrofisico Alberto Di Fazio. «A volerle fare con il nucleare servirebbero 10-15mila centrali in vent’anni: una ogni giorno e mezzo. Negli USA ce ne sono 104, in tutto il mondo poco più di quattrocento. Il nucleare potrebbe al massimo essere “un ponte” a cavallo del picco del petrolio…».

 

Alla fine della fiera: a parte gli slogan, ancora non c’è un dibattito serio sui costi e sulle tecnologie. Non sappiamo neppure bene a quanto ammonti il fabbisogno di energia in Italia. Quando si invoca l’abbandono dell’ideologismo, e si auspica un dibattito “pragmatico”, non significa anche cercare di fornire risposte credibili e soluzioni verificabili a questioni come quelle che si è cercato di porre?

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 26 maggio 2008)


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