Il blog di Alejandro
A. Torreguitart. Fidel che non parla mi fa preoccupare…
24 Maggio 2008
 

Ora mi sembra d’avergli portato merda, povero Fidel, ché da quando è uscito il mio libro in Italia non ha più scritto una riflessione che una. Mica sarà morto davvero, mi chiedo, mentre passeggio per Centro Avana come sempre senza un cazzo da fare. Povero Coma-andante, come lo chiama Zoé Valdés da prima che fosse più morto che vivo, come dicono i medici di Pinocchio, alla guida della Rivo-lozione, tanto per citare ancora la Valdés che confidenzialmente la chiama Rivo, tanto si capisce che è la stessa merda. A me la Valdés me la mandano nascosta nei pacchetti coi vestiti e lo scatolame, me la spedisce mia cugina che vive in Italia e io glielo dico sempre che la vorrei leggere in spagnolo, ché con l’italiano faccio una fatica bestia, ma lei niente, dura come il marmo di Carrara che c’è pieno di tombe al Cementerio Colón, c’hanno fatto pure quella di Carpentier pace all’anima sua, dice che l’italiano è simile allo spagnolo. Simile un cazzo. Io mica vivo in Italia da dieci anni. So assai dell’italiano, che vado a tentoni, ci provo, comprendo le assonanze, ma ci metto una vita a decifrare una pagina.

Insomma, gira picchia e mena, me ne vado per Centro Avana e penso che la vita va avanti sempre allo stesso modo, tutto è come quando c’era Lui, non cambia niente, si lavora e si guadagna un cazzo, però possiamo comprare telefonini. Ci prendete per il culo? Accomodatevi, tanto siamo cubani. A casa mia si comprano le banane e finisce lo stipendio, fino al prossimo turista da scarrozzare per L’Avana sopra un sidecar sopravvissuto alla scomparsa della Russia.

Ci vorrebbe un po’ di carne per cena, Alejandro”, grida mia madre mentre esco. Cazzo mamma, lo so, ma per ora accontentati che puoi fare le ferie in un albergo, mica puoi pretendere tutto dalla vita. Con quali soldi le farai non lo so, ma tutto si risolve e poi non è un problema di Raúl. Siamo o non siamo il popolo più inventivo della Terra? La nostra fantasia non ha limiti. Allora immaginiamo. L’immaginazione al potere è una gran cosa, come diceva Che Guevara un po’ di tempo fa.

Tanto a me fra poco m’arrivano cinquecento euro, ché dice il camaján m’hanno comprato il libro, o meglio l’hanno comprato a lui, i soldi li riscuote, poi me li manda. Speriamo sia vero, ché di questi italiani fanfaroni mi fido poco e c’avrei pure le palle piene se non dovessi sbarcare il lunario. Magari con questi cinquecento euro ci compro un bel maiale da fare allo spiedo, qualche cassa di birra e una decina di bottiglie di rum, ma di quello buono, mica cispes de trén spacca budella, che n’avrei proprio voglia. Quello che avanza lo investo con Yolanda, grandissima troia di Centro Avana che batte tra Sol y Compostela, mi faccio fare un pompino come fossi un turista, ché per un giorno sono turista anch’io, c’ho la grana, non può dire di no.

A spasso per Centro Avana, senza un cazzo da fare, solo sognare, fantasticare, vedere autobus cinesi al posto di vecchie guaguas. Non c’è più il camello, peccato. M’ero affezionato a quel vecchio rottame. I pullman cinesi puzzano meno, sono puliti, funzionano meglio, corrono spediti, costa parecchio salirci sopra e per ora vado a piedi che è meglio, la linea ne guadagna e poi camminare fa bene, dicono.

Cammina che ti cammina vedo passare mulatte dai culi abbondanti, ché se pure la gente mangia poco i sederi sono quelli d’una volta, non c’è da lamentarsi, le nostre donne ci sollevano da tanti dolori e riducono le preoccupazioni. Almeno quelle che restano. E mica sono tante.

Parliamo di sesso che ci resta soltanto quello, non è proibito.

Pontifichiamo sulla fica d’una nera e sul culo d’una creola, sulla bocca carnosa d’una mulatta e sui fianchi d’una ragazzina che celebra la festa per i quindici anni. Lasciamoci andare a una danza frenetica che non fa pensare, reggetón, salsa, va bene tutto, basta afferrare il culo d’una mulatta alla prossima esquina, farsi travolgere dall’assenza di pensieri.

Pensare fa male. Pensare è sconsigliato. Pensare è compito di Fidel.

Siamo abituati così, da troppi anni.

E allora perché non parli?

Fidel che non parla mi fa preoccupare…

 

Alejandro Torreguitart Ruiz

L'Avana, 23 maggio 2008

Traduzione di Gordiano Lupi


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