Abbassare il limite per l'aborto terapeutico alla 22ª settimana è oggi 'opportuno e necessario', dal momento che grazie ai progressi della medicina sono cresciute le possibilità di sopravvivenza per i nati molto prematuri. Così i neonatologi italiani intervengono nel dibattito circa i limiti temporali per l'interruzione volontaria di gravidanza (ivg) a seguito della decisione del Tar di sospendere le linee guida della Regione Lombardia in materia di aborto.
Se lo dicono i 'vertici' neonatologi, deve essere vero per forza. No? In fondo, chi ne può sapere più di loro in materia? Apparentemente però i neonatologi (almeno quelli italiani) non sembrano particolarmente attenti alla ricerca internazionale e forse rispondono sempre più a sollecitazioni bioetico-religiose e politiche piuttosto che a quelle medico-scientifiche. Infatti diversi studi sull'argomento confermano che l'abbassamento del limite temporale sotto le 24 settimane sia, almeno per ora, ingiustificato. Vediamo solo l'ultimo di questi studi (che è anche uno dei più imponenti per soggetti studiati).
Secondo una ricerca pubblicata lo scorso 9 maggio sul British Medical Journal, la sopravvivenza dei bambini nati prima della 24ª settimana di gestazione è rimasta la stessa nonostante il progresso tecnologico, medico e scientifico. Secondo gli scienziati della Leicester University e dell'Imperial College, in uno dei più vasti studi sull'argomento mai effettuati in Gran Bretagna, la possibilità di sopravvivenza per i grandi prematuri prima delle 24 settimane è la stessa di 18 anni fa. Migliorata invece dell'8% la sopravvivenza alla 24ª settimana, e del 17% nella 25ª settimana.
Non ci rimane che pensare che l'abbassamento del limite temporale per l'ivg non sia solo questione medico-scientifica, ma anche e soprattutto bioetico-politico-religiosa. E visto che da noi gli ordini e sotto-ordini professionali sono istituzionalizzati e parastatalizzati, di fronte ad un nuovo Governo che esprime la stessa maggioranza del cattolicissimo governatore lombardo Roberto Formigoni (che quell'abbassamento del limite temporale lo ha voluto imporre), i rappresentati supremi del corporativismo neonatologo sono voluti 'entrare nel dibattito' (tipica formula giornalistica che indica lo schierarsi con qualcuno).
Oppure, ancor più preoccupante, i neonatologi “de no' artri” non sanno leggere l'inglese, e quindi non hanno accesso agli studi sulla loro materia che ovviamente sono pubblicati su riviste scientifiche internazionali più autorevoli.
Insomma, non so dire perché i neonatologi italiani sembrano così schierati su una tesi che ancora la ricerca scientifica non ha dimostrato. Nessuno ovviamente vorrebbe negare il tentativo di salvare una vita anche se le possibilità di successo fossero solo una su un milione. Ma in questo caso, agire senza avere ragioni sicure, può avere conseguenze negative e talvolta tragiche. Da una parte, infatti, ancora più donne si vedranno negato il diritto ad abortire, e saranno spinte a farlo prematuramente o ancor peggio clandestinamente. Ma la donna, si sa, conta il giusto per i neonatologi (non abbiamo statistiche, ma ci pare che i neonatologi che 'intervengono' sono sempre e solo uomini). Soprattutto, migliaia di neonati prematuri saranno costretti a subire trattamenti e accanimenti terapeutici e sofferenze indicibili del tutto inutili ai fini della loro sopravvivenza. Sofferenza che potrà a sua volta trasmettersi in forma psicologica alla madre (e a tutta la famiglia), le cui speranze sono state alimentate vanamente.
Non è un caso che in Italia -come del resto in Gran Bretagna, dove proprio oggi si discute della questione in Parlamento- sono sempre e solo i politici che ostentano il loro cattolicesimo a farsi promotori delle tesi dell'abbassamento del termine temporale.
Ma se dai politici 'supercattolici' ce lo possiamo aspettare, almeno dai medici ci si aspetterebbe un atteggiamento più laico, prudente e scientificamente orientato.
Pietro Yates Moretti, vicepresidente Aduc
(dal sito www.aduc.it, 12 maggio 2008)
P.S.
Forse avremmo dovuto distinguere fra i neonatologi che ogni giorno si impegnano silenziosamente nelle corsie di ospedale ed i loro vocali rappresentanti corporativi. Ma visto che questi rappresentanti se li sono scelti, e visto che non giungono opinioni diverse dal mondo della neonatologia, non ci resta che pensare che vi sia unanimità sull'argomento. Ci auguriamo di essere smentiti.