Carlo Forin: Rosa
29 Febbraio 2008
 

Ho davanti il cinquantesimo anno da quando compitavo rosa rosae e provavo il latino ai primi passi. Non avrei mai creduto che fosse un esercizio a ripetere la parola più sacra. E non intendo riferirmi alla rosa come simbolo di Iside, di Ishtar, ma proprio al significato portato dalla parola rosa che si è ristretto dal sacro in latino fino ad indicare solo il fiore in italiano. Sacro inteso in modo laicale, del popolo, pur essendo il Rosario la pratica rituale cristiana evocativa della rosa mistica.

 

Possiamo dire che la nostra cultura ha percorso la desacralizzazione della rosa lungo 2000 anni molto lentamente fino a non avvertire più il percorso semantico fatto.

 Il nome della rosa  dotato di massimo significato viene provato dal semiologo Umberto Eco che però lo propone solo come enigma. E NIG MAH in sumero è ‘casa delle troppe cose’. Che ci siano troppe cose in una rosa lo possono pensare i due innamorati che la stringono insieme. Gli altri sorrideranno scettici e non servirà a nulla ricordare che la rosa è il fiore più venduto nel mercato cibernetizzato di Amsterdam. A pochi sumerologhi sarà lasciata la combinazione del massimo del sacro RU SHA in sumero-accado.

Bernardo di Chartres è il grammatico che ci aiuta a capire il cambiamento: -Badate-, diceva in sodo, -latino ed italiano sono due lingue diverse e la parola rosa è collegata in modo diverso a tutte le altre parole. Possiamo dire che il collegamento, l’asterismo, latino rosa è diverso dall’asterismo italiano rosa. I due asterismi si sovrappongono solo un po’, ma sbagliamo a vederli sovrapposti!

 

La popolare ‘rosa di Natale’, ad es. Helleborus niger  -la rosa nera  -, non ha nessun collegamento con la rosa nella classificazione scientifica. Anziché  negare l’esistenza della rosa nera come ubbìa dovremmo dar ascolto alla memoria popolare che conserva il concetto di rosa come asterismo linguistico latino.

 

Bernardo di Chiaravalle respirò la stessa cultura di Chartres per elaborare la teologia ripresa in modo esplicito da Dante che rappresentò l’empireo come un’immensa rosa dove la rosa mistica è il cuore della Chiesa. Si riassume il senso del suo racconto immaginando un’immensa metafora di ciò che invece il padre della nostra lingua aveva estratto dal significato latino della rosa.

Flos genialis era per Apuleio, generativo di vita per causa di Iside e con la sua forza rigenerativa riusciva a ritrasformare l’asino in uomo.

 

Se la combinazione ‘sa c ro’ conservativa di ‘SA G RU’ non mostrasse il collegamento di rosa-RU SA e sacro per via dell’inversione sillabica accompagnata dalla scomparsa della c = G, dove la luce G si è spenta,

si guardi al teonimo SHARRU-MA di Yazilikaya. La doppia RR è moltiplicativa di vita. Semplifichiamo il teonimo hurrita: SHA RU MA contiene sia rosa che Roma che Maru, il cognomen di Virgilio sacerdote etrusco.

 

Come se alcuno macchiasse avorio indiano

con porpora sanguigna, o come quando candidi

gigli rosseggiano, mischiati a molte rose:

tali colori la fanciulla rendeva dal volto.                                     

Eneide, XII, 67-69

 

Riesce il genio a mostrarci il sacro amore? 

  

 

                                                                         Carlo Forin 

 


TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - R.O.C. N. 7205 I. 5510 - ISSN 1124-1276