Lisistrata
Lidia Menapace. La crisi della forma politica
25 Gennaio 2008
 

Come volevasi dimostrare, il governo Prodi si è suicidato: infatti non è stato bocciato un qualche suo provvedimento qualificante, sul quale aveva posto la fiducia; non è stato battuto su problemi dichiarati e importanti di indirizzo generale: ma è stato platealmente abbandonato da Mastella e da Dini senza nessuna motivazione politica chiara, né alcuna indicazione di come propongono di uscire e riprendere. Mi ricordo che Dini aveva cominciato a sbuffare molto presto e siccome lo avevo accusato proprio in una delle prime lettere di voler mutare la formula di governo e di puntare a un gabinetto istituzionale diretto da lui, mi aveva fermato nelle sale che circondano l'aula e detto con baciamano e parole sostenute che lui non aveva nessuna idea di quel tipo e che avrebbe appoggiato il governo lealmente: si vede che ho poteri divinatori insospettati persino da me stessa. E quanto a Mastella è arrivato al colmo di recitare una bellissima poesia di Pablo Neruda come ouverture e motivazione della sua dichiarazione di voto e del suo scomposto gesticolare: Neruda si sarà rivoltato nella tomba, lui che -come gli ha rammentato Caprili nella sua bella efficace intelligente e mordente dichiarazione resa per noi- era comunista. Le parole di Caprili che ricostruivano l'iter della crisi extraparlamentare sono state ascoltate con evidente approvazione anche da Bindi e da Parisi.

Ambedue le formazioni che si sono assunte la responsabilità pubblica (meglio sarebbe dire che sono state sospinte a ciò dalla decisione di Prodi di presentarsi alle camere e di non accettare una crisi tutta extraparlamentare) non hanno motivato né detto che cosa bisogna fare, invece si sono a loro volta spaccate e hanno ulteriormente accresciuto la frammentazione delle forze politiche ecc.

 

Rimediare a questa crisi delle forme e delle culture politiche è impresa ardua e da affrontare senza precipitazione, né sentimenti immediati e vendicativi: infatti la situazione è molto pericolosa e si affaccia a noi il fascismo del XXI secolo, cioè la democrazia autoritaria che opprime i popoli e li assoggetta all'imperialismo statunitense, senza che si riesca fino ad ora a poter mettere alcun freno alla sempre più evidente crisi di direzione autorevolezza efficacia di equilibri politici economici e sociali della globalizzazione. Il lavoro teorico necessario è drammaticamente difficile ma necessario, per fornirci di adeguati strumenti di azione analisi e comprensione della fase. Dobbiamo inventare messaggi efficaci popolari comprensibili e aderenti alle condizioni reali delle classi e dei generi: non è da poco né da improvvisazione. Bisogna fare il triplo salto mortale: cioè mantenere le relazioni sociali, aiutare il riposizionamento delle varie aggregazioni nella società, avere una strumentazione istituzionale adeguata a un sistema pattizio tra forme politiche e fare tutto ciò in tempi abbastanza stretti.

Bisogna assolutamente proporsi di fare la Sinistra e occorre una dose solenne di soggettività e di impegno, avere le virtù rivoluzionarie compresa la pazienza, la capacità unitaria, la selezione delle mete ecc. ecc.: una qualche volta mi propongo di fare un bell'elenco sicché abbiamo pure noi il nostro prontuario laico e rivoluzionario per l'agire.

 

Tra le chicche della triste giornata gli applausi scroscianti che Turigliatto Mastella e Dini si sono guadagnati dalla destra urlante. Tra le cose spregevolissime l'assalto fisico con conseguenze anche visibili (perdita dei sensi e necessità di breve ricovero nell'infermeria del Senato), quando il presidente del gruppo dell'UDEUR è saltato addosso -sputando e ingiuriando- al senatore del suo gruppo che si è dissociato dai Diktat di Mastella ed è rimasto fedele al patto con gli elettori.

Non è ciononostante una seduta da dimenticare, ma da analizzare attentamente, perché molte cose da capire leggere e valutare sono successe proprio al Senato.

Tra le conseguenze per me sgradevolissime vi è la sorte della Commissione Uranio.

Era stata nominata fino al 14 febbraio e in previsione del termine e della necessità di concludere questioni ancora in parte da sviluppare avevamo avanzato richiesta di proroga di un anno: la commissione era stata d'accordo -come già avevo scritto- e Marini aveva mandato la richiesta di proroga in deliberante davanti alla commissione Difesa: solo che i pareri delle varie altre commissioni, richieste dai regolamenti, non sono arrivati a tempo ed entro il 14 febbraio non sarà possibile perfezionare l'iter della proroga, dato che l'attività parlamentare, durante le crisi, è sospesa. Si dovranno rifare tutte le nomine dopo la crisi e dubito che riavrò l'incarico di presidente nei mutati equilibri politici e del resto semmai per i pochi mesi in cui la legislatura durerà per preparare le elezioni. Mi spiace moltissimo. Le famiglie dei militari morti o ammalati sanno chi ringraziare.

 

Lidia Menapace


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