Diario di bordo
Lydia Polgreen. In Nigeria si cambia
08 Dicembre 2007
 

Kano, Nigeria. Solo l’anno scorso, la polizia morale sciamava in queste strade, nelle uniformi blu scuro e con i berretti neri, brandendo manganelli contro chi evitava le preghiere e trascinando i fornicatori nei tribunali islamici ad affrontare sentenze quali l’esecuzione pubblica per lapidazione. Ma in questi giorni, i temuti poliziotti conosciuti come gli “Hisbah” sono poco più di stimati vigili urbani. Sono stati largamente confinati nei loro alloggi e sono stati assegnati loro compiti inconsueti, quali il dirigere il traffico e l’aiutare gli spettatori delle partite di calcio a trovar posto nelle tribune.

La “rivoluzione islamica” che pareva destinata a trasformare la Nigeria del nord in anni recenti sembra essere venuta ed andata: o almeno, è andata in una direzione che pochi si sarebbero aspettati. Quando le regioni a maggioranza musulmana come Kano adottarono la legge islamica dopo la caduta del regime militare nel 1999, chierici radicali arrivarono in massa dalla penisola araba, a predicare una branca draconiana del fondamentalismo, e diedero ai giudici religiosi il potere di sentenziare punizioni severe quali l’amputazione per i ladri. Kano divenne un centro di sentimenti anti-americani in uno dei paesi più affidabili, per gli Usa, dell’Africa.

Ma da allora, molto del furore si è spento, e la pratica della legge islamica o sharia, che era andata avanti per secoli nella sfera privata prima di estendersi alle leggi pubbliche, si è assestata in un una mediazione tipicamente nigeriana tra i dettati della fede e le caotiche realtà della vita moderna in una nazione impoverita. «La sharia deve essere pratica», mi dice Bala Abdullahi, impiegato statale. «Noi siamo un paese in via di sviluppo, perciò c’è una sorta di moderazione reciproca tra le idee dell’occidente e i valori islamici tradizionali. Tentiamo di tenerli bilanciati, così non c’è contraddizione».

Il governo federale ha ceduto sugli Hisbah lo scorso anno, emanando un bando nazionale contro le milizie religiose ed etniche, e la polizia laica controllata dallo stato ha poco interesse a far osservare le misure più restrittive della sharia. Le violenze tra musulmani e cristiani si stanno anche affievolendo, nel nord. Ma anche prima di ciò, le temute mutilazioni e le condanne capitali si sono raramente materializzate. Le fustigazioni pubbliche sono abbastanza comuni, e in Zamfara, la prima regione nigeriana ad adottare la sharia come base per il codice penale, almeno un uomo ha avuto la mano amputata nel 2000 per aver rubato una mucca, ma le altre condanne alla mutilazione sono state eseguite di rado. Nonostante le numerose sentenze alla lapidazione in una pubblica piazza per adulterio, note a livello internazionale come quella di Amina Lawal (foto – una donna di Katsina che aveva dato luce ad una bimba fuori dal vincolo matrimoniale, cosa che il tribunale religioso nel 2002 aveva addotto come evidenza di crimine), non una sola lapidazione è stata effettivamente eseguita. La prigionia di Amina Lawal terminò l’anno seguente, ed oggi la donna è attiva nella politica locale e vive liberamente con la figlia Wasila nella propria città natale.

Il cambiamento ha poco a che fare con le attitudini religiose; la Nigeria del nord resta una delle regioni musulmane più pie dell’Africa, come è stato sin da quando le carovane di cammelli attraversarono il Sahara, portando qui l’Islam secoli or sono. A Kano, la principale città dello stato federale omonimo, migliaia di uomini si riversano dagli stretti vicoli alle vie principali durante il venerdì pomeriggio, per partecipare alla preghiera più importante della settimana, e praticamente tutte le donne sono velate. Il mutamento riflette il fatto che le leggi religiose non trasformano la società. Invero, alcuni dei politici più zelanti nel promuovere la sharia oggi si trovano sotto inchiesta per essersi appropriati indebitamente di milioni di dollari. Molti dei promotori iniziali della sharia si sentono gabbati dai politici che hanno fatto strada su quest’onda ma non hanno vissuto secondo i suoi principi, arricchendo se stessi e non portando miglioramenti alle vite delle persone ordinarie.

«I politici vedono la sharia come l’accesso al potere politico», dice Abba Adam Koki, un chierico conservatore che ha criticato le applicazioni governative locali della sharia. «Sono stati bugiardi. Noi siamo stati delusi, e non abbiamo avuto quel che speravamo». Di fronte alle reazioni della cittadinanza e alle critiche dei gruppi pro diritti umani in casa e all’estero, i governi degli stati federati nigeriani che avevano abbracciato la sharia in tutta velocità e ne avevano reso operativi i dettami più severi, ora stanno abbandonando l’enfasi sulle punizioni e le proibizioni per un approccio più soffice che sottolinea altri aspetti della legge islamica: come la carità, i diritti delle donne ed il dovere dei musulmani di tenere pulito il loro ambiente.

«La sharia non ha solo a che fare con il taglio delle mani», dice Muzammil Sani Hanga, membro della Commissione sulla sharia di Kano, ed esperto legale che ha contribuito a vergare il codice islamico di stato. «È un intero modo di vivere». Sono nati nuovi programmi che incoraggiano i genitori a mandare le figlie alle scuole elementari pubbliche, scuole ibride che offrono insegnamenti islamici, alfabetizzazione e matematica, in accordo con il principio islamico che chiede l’istruzione delle ragazze. In molte di queste classi le bambine sono assai più numerose dei bambini, e l’Agenzia per lo sviluppo internazionale statunitense è così impressionata dal potenziale di questi programmi che circa un terzo delle scuole che finanzia in Nigeria sono allo stesso tempo islamiche e laiche (secondo quel che dicono i funzionari dell’Agenzia).

Le esortazioni islamiche alla pulizia vengono usate dal governo per incoraggiare il riciclo della plastica. Un governatore, citando il dovere islamico di curarsi degli indigenti, ha di recente istituito un sussidio mensile per i mendicanti disabili. «Il nostro approccio è una sharia umana, non una sharia punitiva», sostiene Bala A. Muhammad, direttore a Kano del programma statale “A Daidaita Sahu”, che in lingua Hausa significa “serrate le fila”. È un riferimento alle linee formate dai musulmani in preghiera, e una metafora per l’ordine richiesto nella vita quotidiana dal Corano. Centinaia di risciò gialli motorizzati sono stati messi a disposizione delle donne per spostarsi, poiché alle donne è stato proibito di usare i tassì-motocicletta che si usano qui. «Come donna musulmana voglio essere modesta», dice Amina Abubkar, una delle clienti dei risciò, mentre sale sul mezzo e tira la tendina che preserverà la sua privacy. «Questo modo di muoversi è confortevole e più sicuro».

È evidente che elementi di conservatorismo resistono in alcune zone. In ottobre, un tribunale islamico a Kaduna ha emanato un bando su una piece satirica di Shehu Sani, attivista per i diritti umani, che trattava di un politico corrotto e manipolatore. Ma il mutamento sta aiutando a diminuire le tensioni tra musulmani e cristiani in un paese in cui i conflitti settari hanno ucciso migliaia di persone nell’ultimo decennio. «La cosa ha causato un mucchio di dolore», dice il reverendo Foster O. Ekeleme, pastore metodista a Kano, che guida una congregazione composta per lo più da Ibo nella Nigeria del sudest. «Chiese cristiane sono state bruciate. Cristiani sono stati uccisi. Moltissime persone sono state costrette a divenire profughi. Ma ora la faccenda si sta calmando». Il reverendo ha appena ricevuto la visita di un consigliere del governatore di Kano, un cattolico Ibo, Chris Azuka, che è stato incaricato di migliorare le relazioni tra le fedi nella regione. «L’idea della sharia è promuovere giustizia sociale, non creare conflitti religiosi e violenza», dice Akuza.

I musulmani del nord e i cristiani del sud sono convissuti a lungo, per quanto non facilmente, in quella che è la Nigeria moderna. Due secoli orsono, i governanti Hausa del nord iniziarono una jihad per convertire gli abitanti del sud all’Islam e sebbene riuscissero a raggiungere solo il centro del paese, le conseguente scioccanti di quel periodo vengono avvertite ancor oggi. Più di recente, l’élite Hausa ha dominato l’esercito, mentre gli Yoruba e gli Ibo hanno dominato la vita commerciale ed intellettuale. Secondo i dati delle ong umanitarie internazionali, dalle 11.000 alle 15.000 persone sono state uccise in conflitti etnici e settari in Nigeria dal ritorno della democrazia nel 1999.

Nello stato di Jigawa, la violenza religiosa è esplosa nel settembre 2006, nel bel mezzo delle tensioni politiche che precedevano le elezioni del 2007. Una donna musulmana dichiarò che una cristiana aveva insultato il Profeta Maometto e masse di giovani musulmani assalirono le chiese cristiane nella capitale, Dutse, bruciandone molte sino alle fondamenta. In una delle chiese, Nadi Dangana, la moglie del pastore, si salvo a stento saltando un muro, prima che i giovani abbattessero la cancellata. «Abbiamo salvato le nostre vite», racconta, «ma tutto ciò che possedevamo è andato perduto». La chiesa venne ridotta in cenere, il suo altare e la sua croce a frammenti. Al suo posto vi è ora una sorta di santuario all’aperto, coperto solo da resti anneriti di tetto.

In queste giorni le tensioni si sono raffreddate, ribadisce Garba Shehu, ex musulmano di Dutse ora convertito al cristianesimo evangelico. Quando il governatore firmò la legge che istituiva il sussidio per i mendicanti, invitò tre membri del clero cristiano a pregare assieme a tre membri del clero musulmano. «Ringraziamo Dio perché non vediamo gli stessi screzi di prima», dice ancora Shehu. «Siamo liberi di praticare la nostra fede senza paura».

 

Lydia Polgreen

(per The New York Times, 01/12/2007 - trad. Maria G. Di Rienzo)


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