Itaca
Massimo Bevilacqua e Francesco Osti. Reportage da una pizzeria
18 Novembre 2007
 

Il mattone del forno chiude una fiamma di sonno arretrato, molle come il pizzaiolo nelle pieghe della camicia a quadri. Questo posto pare non avere tempo o solamente quello lasciato fermo, c’è odore di chiuso –spazio e ritmo di semplice soffice ovatta–; c’è il ronzare di non so cosa da un’asola nel soffitto, dici “come fosse un…”. Ci sono quattro cavalli al galoppo nell’intrico del quadro alla cassa. Resterò qui come cliente abituale: seduto come l’ometto al tavolo che fa angolo, le mani sotto il mento, le parole sopra il calice ed i pensieri a far briciole.

 

Francesco Osti

 

 

Nel perimetro di questa attesa tutti sfuggono a tutto,

piantando i piedi uniti o piantandosi in quelle pose di serie b;

il luogo non è solo l’attesa della pizza veloce,

perché gli sguardi obliqui

appoggiano su ogni particolare dell’intonaco,

del soffitto, del forno asportando tutto ciò di asportabile

e depositando i pensieri più veloci, i pensieri più scheletrici come in una discarica.

E le persone come le canzoni nella radio sono di tutti i tipi,

diverse dall’uniformità delle lattine nel frigo, o dall’omogeneità dei prezzi,

non resta che un senso di asciuttezza

e nelle pareti un desiderio di resurrezione

mai svelata, che si svela, ripensandoci, e chiama, ora

prosciugando tutto quanto è intercorso nella sosta

fino alle mani che bloccano i portafogli,

fino al sorriso della ragazza al banco cassa e ai cartoni

caldi che appena chiude fra le mani.

 

Massimo Bevilacqua

 

 

(da 'l Gazetin, dicembre 2005)


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