Si ricomincia a discutere di Legge elettorale. Potrei obiettare che uno degli assunti di base, in particolare da sinistra, è quello di addebitare alla Legge attuale le difficoltà del Governo. Non è così, come ben si sa: l'Unione ha vinto le elezioni con un margine pressoché inesistente e per questo fatica a governare.
Ma al di là delle polemiche e dell'uso strumentalmente dilatorio della vita del governo che è nelle intenzioni di alcuni, la questione resta. Intendiamoci, si potrebbe votare anche con questa Legge, magari con alcuni correttivi, e questa sarebbe la migliore e più lineare soluzione alle difficoltà attuali della politica.
Più in generale, però, il gran discutere attorno alla legge elettorale mi preoccupa: tutti si affannano a trovare soluzioni compatibili con l'esigenza di questo o di quel partito o leader, perdendo di vista la necessità di migliorare l'efficienza del sistema. Io credo che, quale sia la soluzione, non si debba invece prescindere da un punto fermo: la difesa del bipolarismo e della democrazia competitiva. Il confronto tra due proposte di governo e due leader è un'acquisizione recente ma straordinariamente positiva per l'Italia, e sarebbe irresponsabile, a mio avviso, rinunciarvi. Dai sindaci al Presidente del Consiglio, oggi gli elettori hanno la consapevolezza di decidere direttamente chi li governerà. Rinunciare al bipolarismo significherebbe rinunciare a questa chiarezza e ripiombare nella notte dei gatti grigi: si vota, e poi i partiti decidono cosa fare. Perché una democrazia efficiente non si pone l'obiettivo di dare una rappresentanza parlamentare distinta a tutte le variegate anime culturali che attraversano il paese, ma, più “semplicemente”, di assicurare un Governo e di consentire agli elettori di giudicarlo per confermarlo oppure no. Semplice, forse, ma non banale. Diffidiamo di chi condanna “questo” bipolarismo ed in realtà vuole solo il ritorno ad un passato di mani libere.
Benedetto Della Vedova
(da 'l Gazetin, novembre/dicembre 2007 - in edicola da oggi)