La storia da cui provengo e le vicende che hanno segnato la mia vita, mi portano ad avere in grande considerazione l’autonomia dell’Ordine giudiziario. Ciò non toglie che talune sentenze di qualche tribunale mi lascino a dir poco perplesso. L’ultima è quella che manda assolti gli autori di una satira che ha per oggetto la Madonna. La perplessità riguarda la motivazione, in se stessa ineccepibile: la Madonna non fa parte della divinità. Qui però è in gioco non la divinità, ma il rispetto dovuto ad una fede e non importa che siano tanti (lo sono di fatto) o pochi a praticarla. Ciò, a sua volta, non toglie che la fede e quanto la riguarda, non possa non essere sottoposta ad una critica anche radicale, oltre che, naturalmente, ad una critica dal suo interno. Chi mi conosce non può aver dubbi al riguardo.
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Il Family Day (a proposito, chi se ne ricorda più?) ha lasciato aperti molti problemi e, d’altra parte, non poteva essere che così, visto l’empito retorico dominante e il plauso ostentato da parte di chi dovrebbe, per onestà, tenersene lontano, vedi, tanto per far un esempio, Berlusconi e Casini.
Come occorre distinguere tra il naturale amore per la propria patria e il nazionalismo, che è stato poi all’origine delle due guerre mondiali, così bisogna innanzi tutto distinguere tra famiglia e familismo. Chi più familista della malavita organizzata, della mafia, della ‘ndrangheta, della camorra? Il “tengo famiglia” è all’origine del proverbiale distacco dall’impegno pubblico.
Sulla crisi della famiglia bisogna discutere senza paraocchi, ed è questo un compito che riguarda tutti, Chiesa compresa. Basti, tanto per cominciare, un’osservazione. Nel corso dei secoli, anche dei secoli cristiani e tanto più di quelli biblici, la voce famiglia, o altre equivalenti, ha coperto una grande varietà di forme. Bisognerebbe anche mettere nel conto l’infinita capacità dell’annuncio cristiano, non solo di adeguarsi, ma di coniugarsi fecondamente con le cangianti realtà della storia. O vogliamo mettere tutto questo sotto l’insegna del relativismo? A me pare il contrario: dar senso alle cose che cambiano da una parte, e dall’altra riconoscere, appunto, l’infinita capacità di incarnazione del messaggio cristiano.
Una nota a parte meriterebbe questa denominazione: Family Day. Anziché soggiacere a un vezzo, non si poteva dirlo all’italiana?
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C’è il carisma delle persone e c’è il carisma dei luoghi. Ognuno, con più o meno avvertita coscienza, ne ha fatto esperienza, anche se non è facile ricostruire il prodursi di tale fenomeno, soprattutto per quel che riguarda i luoghi. Penso al più vicino di questi, a portata di mano o, meglio, di piedi: il mio san Remigio, o Romedio, o, più familiarmente, Rumedi. E dico mio non nel senso di proprietà, ma di particolare predilezione. Ci sono stato la prima volta a nove anni, con due compagni di allora: Ugo Azzoni e Titi Ferrari. Ricordo che abbiamo passato la notte in un fienile, cosa, allora, di ordinaria amministrazione sulle nostre montagne. Quel primo approccio ha lasciato nella mia fantasia un segno profondo, che mi ha accompagnato durante i lunghi anni di forzata lontananza. Il legame con san Remigio ha finito con l’attraversare molte delle mie amicizie, vicine e lontane. Il discorso sarebbe lungo. Mi basti per ora accennare a una delle componenti di un tale carisma: l’essere in alto quel tanto che basta per sentirci al di sopra dei confini che ci hanno divisi.
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Gli sfoghi anticlericali a cui sempre più spesso si abbandona negli interventi domenicali sul giornale da lui fondato, La Repubblica,* non fanno onore all’intelligenza di Eugenio Scalfari. L’intelligenza di uno che ce l’ha fatta, dopo altri tentativi falliti, a mettere in campo un quotidiano in grado di contendere il primato nelle vendite al Corriere della Sera. Clericalismo e anticlericalismo per me vanno a braccetto e ci riportano indietro di più di un secolo. Non mancano esempi storici di figli della Chiesa che hanno saputo rinfacciare alla stessa le sue malefatte senza bisogno di aggregarsi al carro degli anticlericali. Lo stesso Dante, da lui citato nel titolo del suo editoriale di domenica 5 agosto, non ha esitato a collocare nel profondo dell’Inferno un papa di grande rilevanza come Bonifacio VIII. Ma gli esempi si potrebbero moltiplicare, arrivando fino ai nostri giorni. C’è una libertas ecclesiae, ma c’è anche una libertas del fedele. Fu niente meno che un insospettabile Pio XII a rivendicare in un suo discorso, il diritto ad un’opinione pubblica all’interno della Chiesa. Quanto ci siamo andati allontanando, negli ultimi decenni, da questa liberalità genuinamente cristiana.
Camillo de Piaz
(da Tirano & dintorni, settembre 2007)
* Proprio oggi, 28 settembre, su La Repubblica parte un’inchiesta su quanto ci costa il Vaticano: passaparola e passa all’edicola! (Red.)