Diario di bordo
Valeria Manieri. Insomnia café 3. La fortuna e il lungo filo della nostra storia
Emma Bonino, 1979
Emma Bonino, 1979 
31 Luglio 2007
 

Sono due sere di fila che non spengo la luce prima di aver divorato qualche pagina del Diario di una giurata popolare al processo delle BRIGATE ROSSE di Adelaide Aglietta. Sottolineo frasi, penso e ripenso.

Ieri sera una cena con Maria Antonietta, Roberto e Nicolas, a parlare di politica e di vita: una conversazione ricca di profondi misteri e incredibili certezze, soffiate via dalle parole acute, centellinate, spiazzanti, della mia presidente e vicina di casa, persona che imparo a conoscere ed apprezzare ogni giorno di più. Era circa mezzanotte e mi sono incamminata verso Santa Maria in Trastevere, tra migliaia di persone, una musica assordante e gli occhi del mio amico di Busca (in provincia di Cuneo) puntati addosso come una calibro 38. Occhi vivaci e lucidi, nonostante il vino della serata. Nicolas ad un certo punto mi guarda e mi dice, mentre eravamo assorti nei nostri silenzi: “E’pazzesco… è pazzesco…”.

Non c’è stato bisogno che lui terminasse la frase per capire a cosa si stesse riferendo, anche se non parlavamo di nulla. Io e il mio amico, complice di tante sorprese, di tante incertezze, di molte inquietudini, riesce sempre a infondermi grande gioia di vivere, tra i mille rimproveri che ci facciamo vicendevolmente tutti i giorni. Abbiamo un'unica certezza nelle nostre vite incasinate, ovvero un certo sesto senso per i rispettivi pensieri.

Sapevo bene che si riferiva a quanto siamo fortunati, perché lo penso anche io. Abbiamo continuato a lasciarci trascinare dalla folla, dalla musica, e ad essere tuttavia concentratissimi su quell’unico concetto, in realtà per nulla banale. Siamo fortunati e a volte non ce ne rendiamo conto.

Non sappiamo bene come o perché il destino abbia voluto portarci al Partito Radicale, ma ci siamo ripromessi di ripeterci ogni tanto, anche nei momenti meno rosei della vita delle nostre battaglie, questo mantra: “Ni non ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati”.

 

Io al Partito Radicale ci sono capitata davvero per strani scherzi del destino. È stato una specie di “EUREKA”. Un lampo. Veloce come la mail stranissima - ora che ci penso proprio bizzarra - curiosa e ingenua che mandai a Emma.

Sarà stupido, ma è stato così. Ci penso stasera, a mezzanotte, durante la mia rubrica “Insomnia Café”, dopo aver riascoltato, in assenza della conversazione settimanale Pannella-Bordin, il discorso di Emma Bonino e quello di Marco Pannella al comitato straordinario conclusosi da poche ore.

Sono già quattro anni che frequento queste persone straordinarie e mi sembra di essere ancora troppo stupida, di aver compreso ancora troppo poco. Ogni tanto mi fermo, e penso a singole parole, frasi dei discorsi che sento nei comitati, nelle direzioni, nei congressi. Sto seduta sul divano, con le gambe incrociate e mi chiudo in un silenzio lunghissimo, dentro il quale cullo le parole “responsabilità, dono, amore, generosità”. Sono le cose che la mia mente tira fuori così, come un’eruzione, dopo la conclusione del comitato di radicali italiani che ci ha aperto davanti una sfida grandissima, come quella della candidatura di Marco Pannella e di Emma Bonino alla guida del Partito Democratico. Un nuovo rischio, una nuova scommessa, uno sforzo necessario e generoso.

Non è l’obiettivo in sé che attira la mia attenzione, ma il percorso, la strada che ci aspetta e le motivazioni. Il “perché sì”, lanciato da Emma stamane. Siamo davanti a due persone generose e che sanno amare, penso. Soprattutto amano questo Paese, le persone, la politica, la democrazia e ancora una volta ci fanno un dono. Lo fanno a tutti, anche a chi ora li respinge, talvolta in modo violento. L’Italia è piena di persone che non sanno dire la parola GRAZIE.

Riprendo per la terza sera di fila il diario di Adelaide Aglietta, le sue paure e la sua forza e di nuovo la parola generosità torna alla mente. Mi ha fatto una certa impressione ascoltare alcune parole di Emma oggi, il passaggio su Adelaide e sulla paura, sulle storie non biodegradabili e su un modo, un coraggio, una generosità che dura da 50 anni. Le persone, quelle con gambe forti, instancabili, che hanno segnato dei passi indelebili nel passato e nel divenire di noi tutti.

Queste persone di fanno venire voglia di crescere, di nutrirti di questa storia, di essere ogni giorno più curioso.

Rileggo una frase che ho sottolineato nel diario di Adelaide e lo collego alle parole usate da Emma oggi. «È qui che di nuovo vengo ora a trovarmi personalmente in collusione con la spirale di violenza e di paura nella quale trenta anni di potere “costituzionale” hanno precipitato e sempre più precipitano il paese. È qui che altri sembrerebbero aver scelto di divenire in tutto e per tutto simili a coloro che combattono, nel peggio che li caratterizza (…) Penso che il coraggio consista nel superare la paura, non nel non provarla. Penso che il coraggio della paura è meritevole e doveroso dinnanzi alla morte che una società sempre più basata sull’equilibrio instabile del terrore nucleare e militare impone: come dinnanzi ad ogni morte. Anche per questo per noi e per me la vita è sacra, a cominciare da quella degli altri, così come la libertà e la giustizia».

Riconducendo l’equilibrio instabile ai giorni nostri e all’inconsistenza e alla violenza politica nel modo di portare avanti questo rottame democratico, questo vuoto e anche i rischi che si corrono (come ricordava anche Rita Bernardini, “il rischio di essere uccisi”), percorrono un unico filo. Lo stesso di Adelaide. Questo nostro sentire, questo rischio costante che ci pervade, ci impone di scommettere ancor di più. Come sempre e come ha saputo cogliere nuovamente prima Marco e poi Emma.

Scorgo nella pagina successiva, un intervento di Marco Pannella.

«Chi pensa che i nonviolenti siano degli inetti e dei disarmati, sbaglia. C’è una cosa, almeno, che unisce profondamente nonviolenti e violenti politici: gli uni e gli altri giudicano che la situazione storica e sociale nella quale vivono esige da loro di dare letteralmente corpo alle loro speranze ed ai loro ideali, di ritenere comunque in causa la loro esistenza e di trarne le conseguenze. C’è una sorta di integrità che li unisce. Ma gli uni ritengono che i mezzi prefigurano e determinano i fini; ed essendo dei libertari e dei socialisti la vita è per loro sacra, innanzitutto quella dei loro nemici; gli altri credono che i fini giustificano i mezzi, e scendono sullo stesso campo dell’avversario, alzano anch’essi il vessillo dell’assassinio e della guerra, giusti e sacri».

 

Ripenso agli occhi del mio amico e al suo “è pazzesco”, ai nostri lunghi discorsi di politica e amore, sul senso del dono di cui discutevo con Maria Antonietta. Stasera la mia insonnia radicale mi piace, mi fa sorridere, mi riempie di vita. Niente tisana. Nicolas, è vero: siamo proprio fortunati.

 

Valeria Manieri

(da Notizie radicali, 31 luglio 2007)


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