In un mio intervento in una ormai lontana riunione della direzione della Rosa nel pugno e in un articolo pubblicato da questo giornale avevo proposto, inascoltato, ai miei compagni radicali e socialisti dello Sdi di prendere una iniziativa comune nei confronti della Costituente del Pd anziché asserragliarsi in un difesa identitaria forzatamente minoritaria, come mi sembra stia accadendo con la costituente socialista, o approdarvi in ordine sparso come è accaduto a Ottaviano Del Turco e a tanti altri socialisti, liberali, verdi. Nell'assenza di un'iniziativa politica della Rosa nel pugno, ma anche dei Radicali Italiani e dei socialisti, è toccato invece ancora una volta a Marco Pannella prendere una delle sue iniziative personali. Non c'è da gioire per la fretta con la quale il comitato costituito da Ds e Margherita ha dichiarato inammissibile la sua candidatura. Di cosa hanno paura? Non siamo all'avvio di un processo costituente? E questo processo non doveva essere aperto alla società italiana e anche a formazioni e soggetti diversi da Ds e Margherita? Non si era rimproverato ai socialisti dello Sdi di essersi autoesclusi da questo processo? I socialisti sì e i radicali no?
Il virus del settarismo. Ha torto Veltroni a pensare che si tratti solo di un gioco di chi vuol mettersi sotto la luce dei riflettori (ma quali? Telecamere e riflettori sono quasi sempre spenti quando si tratta di Pannella e dei radicali) e ha torto il Riformista a considerarla una scelta contraddittoria rispetto alla Rosa nel pugno. Per dei riformisti che dovrebbero essere immunizzati dal virus del settarismo, non può essere indifferente la sorte del Pd, se saprà essere o no forza realmente riformatrice, essere forza inclusiva e non escludente, forza che non pretenda di omogeneizzare tutte le sue diverse anime e posizioni ma abbia la capacità di fonderle e di farle convivere. Forze di questa natura sono il partito socialista spagnolo, l'Spd, il New Labour, il partito democratico americano. Fino all'entrata in gioco di Veltroni, dovevamo fare i conti con la crisi degli unici due progetti riformisti sul tappeto: la Rosa nel pugno, che molti hanno preteso con grande fretta di liquidare, e il nascente Partito democratico, in caduta libera dopo la scissione della Sinistra Democratica e per le caratteristiche che aveva assunto di fusione a freddo di due apparati. Ma c'era davvero qualcuno che poteva sperare che dalla crisi di questi due progetti potesse nascere l'improbabile fenice di un partito socialista riformista? Purtroppo è stato subito chiaro che ne sarebbe derivato un rafforzamento dell'area abusivamente definita radicale, in realtà comunista e massimalista, e il riformismo sarebbe tornato a essere forza perdente di volta in volta nel confronto con il fascismo, il comunismo, il clericalismo e i loro eredi dell'attuale partitocrazia italiana.
Per riforme vere. La candidatura di Pannella pone problemi politici a un riformismo che voglia essere protagonista di vere riforme (il ruolo del laicismo, i diritti civili, la riforma dell'economia e del Welfare, la liberalizzazione della società e dello Stato) e problemi di concezione e di funzionamento di un partito (di partiti) che vogliano essere non chiusi nelle loro identità ideologiche, ma democratici e laicamente aperti al confronto. A differenza dei burocrati guardiani dei due apparati, Rosy Bindi e Parisi hanno dato risposte non scontate, dimostrando disponibilità e apertura e ponendo (Parisi) problemi e domande che meritano di essere raccolte e approfondite, ciò che a me è chiaro è che l'iniziativa personale di Pannella, che nasce da un vuoto di iniziativa politica, non è in contraddizione con il disegno che lo spinse a promuovere la Rosa nel pugno. Da radicale e da socialista liberale non ho mai concepito la Rosa nel pugno né come mera convergenza elettorale né come raggruppamento o partito in sé concluso, ma piuttosto come momento di un progetto più vasto, oggi più che mai necessario.
Gianfranco Spadaccia
(da Il Riformista, 26 luglio 2007)