Sono davanti al mio pc e al secondo appuntamento con la rubrica “Insomnia café”. Insomma, riflessioni post tisana della nonna, dopo che Marco Pannella ha smesso di parlarmi attraverso la radio, dopo aver visto il dvd Little Miss Sunshine (che consiglio), dopo aver terminato di scrivere testi e organizzato mentalmente il da farsi per i prossimi giorni, quanto mai intensi e ricchi di impegni.
La campagna sull’equiparazione dell’età pensionabile, insieme alle “little miss sunshine” J radicali, Virginia Fiume e Alessandra Pinna, come pure insieme ad Emma, Rita, Elisabetta e Maria Antonietta (o le matriarche come le chiama PannellaJ), ci appassiona e credo che ci impegnerà molto nei prossimi giorni.
È una fatica che si fa volentieri e ieri, con Virginia, davanti alla mia camomilla prima di andare a dormire, irrinunciabile anche se fuori fanno 40 gradi, abbiamo buttato giù diverse idee e ci siamo dette che in fondo è proprio una battaglia da fare e su cui insistere. Stamane la mia amica Virginia si è presentata, dopo un giro a Porta Portese, con una piantina piccolissima e grassottella, per ringraziarmi dell’ospitalità serale e notturna e ovviamente del relativo e impegnato cazzeggio.
Il cazzeggio consisteva nel ricordare tutte le figure barbine fatte da quando abbiamo messo piede al Partito Radicale. Ovviamente ho vinto io, ma solo perché mi esercito da più tempo.
La maggior parte delle nostre gaffes vedevano per protagoniste i nostri imbarazzi, frasi o gesti a sproposito con i leaders, alias Pannella e Bonino. Se avremo il tempo un giorno le racconteremo tutte, in un memoriale:-)
Ma torniamo a stamane e alla piantina. Questa piantina ora che ci penso è il risultato di tutti i discorsi fatti dal pomeriggio a notte fonda intorno alle donne e al senso delle battaglie sui diritti civili, sociali e politici. Non c’è dunque bisogno di rispolverare Virginia Woolf e Una stanza tutta per sé per capire che una pianta grassa, piccola e simpatica, porta in sé l’essenziale: è un essere che basta a se stessa, “basta ricordarsi di dargli un po’ d’acqua giusto ogni tanto”.
C’è scritto questo sul biglietto della mia amica, che in effetti è una efficace e voluta sintesi sul femminismo, intelligente e non dei reggiseni bruciati in piazza.
Anche perché i reggiseno, con quello che costano oggi, bruciarli è proprio da fessi.
Rileggo un passaggio della lettera alle metalmeccaniche che avevamo scritto giorni fa in difesa della proposta di Emma Bonino su equiparazione ed innalzamento dell’età pensionabile.
«Attenzione! La nuova generazione di donne non si lamenta del lavoro flessibile, che è una opportunità, un dato incontrovertibile, anzi. A noi probabilmente non toccheranno lavori usuranti, ma una vita lavorativa dinamica e faticosa.
Ma si sa che a noi le cose facili non sono mai piaciute. Noi vorremmo contare come gli uomini, vorremmo avere stipendi adeguati, diventare anche direttrici di un giornale o di una banca, come pure commesse, avvocati, insegnanti … Nulla grazie al cielo ci è precluso se non per una società ancora troppo lenta che ci imbriglia e non usa il nostro potenziale al meglio, nell’interesse collettivo. A noi piacerebbe poter lavorare di più perché troviamo giusto avere stesse condizioni tra uomini e donne, ma ci piacerebbe ancora di più poter contribuire con il nostro lavoro ad un welfare che eroghi sussidi a tutti, al 100 per cento dei cittadini, ammortizzatori sociali che ci aiutino nel percorso lavorativo, quando necessario.
Lavorare qualche anno in più e lavorare meglio … per vivere meglio! Qualche anno in più per un welfare che funzioni e sia sociale davvero, perché di tutti. A noi piacerebbe pensare di partire tutti con le stesse possibilità e poi giocarsela sul terreno della meritocrazia. E voi, che ne pensate?»
Ovviamente non è stata pubblicata, non ancora, ma noi non ci arrendiamo. Siamo maestre dell’arte di romper le scatole e questo ci dà molta forza. Infatti nel frattempo ne abbiamo scritta un’altra e chissà se i nostri bagordi femministi del sabato sera riescano, tra riflessioni leggere ma profonde, a scardinare il silenzio della gente comune su questo tema…
Chissà se riusciremo a spiegare che avere un welfare che ci dia una mano quando non ce la facciamo e che aiuti tutti è proprio come quando ogni tanto ti ricordi di innaffiare la pianta grassa, che nel frattempo, si è fatta le ossa ed è diventata resistente.
Soprattutto, chissà se sapremo capire che questa battaglia sull’equiparazione porta con sé il seme della libertà, del diritto a cercare la propria felicità senza dipendere dalla pensione del marito o da quella di reversibilità del de cuius. Eggià perché se già le donne lavorano meno e hanno salari più bassi, ratificando il fatto che si debba avere una età pensionabile diversa tra uomini e donne, si esplica in pratica che le donne debbano necessariamente contare su un tenore di vita più risicato rispetto a quello delle persone di sesso maschile. In pratica è l’apologia della discriminazione salariale… del resto ce lo “suggeriscono” anche da Bruxelles.
In più si certifica la tendenza a voler relegare la donna a unica responsabile della gestione familiare, alias l’angelo del focolare. E detta francamente, dopo aver rotto almeno un paio di piatti e scheggiato la tazza per le tisane, né io né Virginia in effetti ci sentiamo molto portate per funzioni angeliche.
Dopo queste divagazioni un po’ confuse rigorosamente dopo la mezzanotte, vado, mi tuffo nel mio lettone, dando ancora una sbirciata al libro di Ayaan Hirsi Ali… non prima di essermi assicurata che la piantina grassa abbia già bisogno di un mio intervento… No… lei sta lì, fiera e grassottella… brava, così si fa…
Alla prossima…
Valeria Manieri
(da Notizie radicali, 24 luglio 2007)