Diario di bordo
Luciano Canova. Pianeta Marx. Intercettazione alla porta...
23 Luglio 2007
 

Suona il campanello.

Chi è?

Buonasera, sono di Lotta Comunista.

Apro la porta con circospezione e mi trovo di fronte un ragazzo, avrà più o meno la mia età, camicia a righe e sguardo fiero.

Guarda, per non farti perdere troppo tempo, ti devo dire che ho deciso di dare una svolta riformista alla mia vita.

Ah, sì, anche tu nella grande famiglia del Partito Democratico? Stasera chi c’è nel Pantheon? Wanda Osiris?

Devo ammettere che non ha tutti i torti, ma non posso accettare che la mia scelta venga derisa anche dalla minoranza estrema dell’estrema minoranza della frangia residuale della coda antagonista del variegato infinito mondo della sinistra.

Prima che abbia finito di pensare questo periodo, Delio (così si chiama il giovine) ha già messo un piede in casa.

Io mi metto di traverso, bloccando l’avanzata sovietica con il piede destro: chi ci vedesse in questo istante penserebbe ad una figura del tango.

Be', speravo mi facessi entrare.

Idea carina, ma mi sentirei troppo maleducato dopo a farti uscire.

Perché questo tono s-contro-so? Lotta Comunista affronta un periodo difficile. La propaganda contro-rivoluzionaria richiede un grande sforzo di contro-informazione.

Contro. Contro. Ricordo il mio primo in-contro con il leninismo marxismo. Erano i lontani anni ’90 del secolo scorso e, da studente ignaro, frequentai un paio di riunioni del gruppo: quando mi diedero del fascista, perché consideravo Nenni uno dei padri della sinistra italiana, optai per l’abbandono.

Credo proprio che tra noi sia difficile dialogare: tu mi dici scontroso perché non ti sto ad ascoltare, io mi dico scontrino perché oggi all’Esselunga non me l’hanno dato.

L’Esselunga è un Leviatano reazionario, simbolo dell’omologazione berlusconiana.

Lo guardo con una punta di ammirazione: come si fa a dire tante cose così giuste aggregando parole con la combinazione più abrasiva possibile?

Non voglio discutere con te di riformismo: io ammiro il vostro sforzo di analisi e, per questo, sosterrò con un piccolo aiuto il giornale. Temo però che non si possa avviare tra noi due un tavolo di trattativa, a livello politico.

Sì, lo credo anch’io – lieve sfumatura d’odio e di tenerezza, sul suo volto. – Ma perché? – e mi guarda querulo.

Vedi – lieve sfumatura di tenerezza e d’odio, sul mio volto – io Praga la invaderei coi go-kart – e lo guardo assertivo.

Allungo 5 euro: il nostro unico contatto avviene attraverso la moneta.

Feticismo della merce.

Lui prende i soldi e mi lascia una copia di Lotta Comunista.

Appena uscita dalla tipografia.

La tipografia non è ancora uscita dal 1929.

Caratteri neri in grassetto marcato, scrittura fitta fitta e nebulosa con l’arido deserto del bianco a suggerire stanchezza e determinazione.

Mi manca la pubblicità: la curva fallita di un fusillo Barilla, a recuperarmi.

Che fare?” mi chiede Lenin alla pagina 14.

Perché non sganci un deca? È pure rosa, il colore del Partito Democratico.

Mentre Di Luca vince la tappa al giro, producendosi in un poderoso scatto in avanti, saluto Delio e vado ad innaffiare le piante, riflettendo sul costo di una porta blindata.

Ho soltanto il catenaccio da perdere.

 

Luciano Canova

(da 'l Gazetin, luglio-agosto 2007)


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