Il mortaio
Agricoltura di montagna. Triacca: «Occorre rendere appetibile il lavoro»
29 Giugno 2007
 

Coltivare in aree montane costa di più. Sembra banale affermare questo, ma non lo è. L’agricoltura di montagna non può continuare ad essere equiparata a quella di pianura. È questo un concetto che Domenico Triacca, titolare della omonima azienda vitivinicola e presidente della Fondazione Pro Vinea (nel frattempo dimessosi e sostituito in tale carica, come noto, ndr), continua ad evidenziare.

«La lavorazione dei vigneti in pendenza abbisogna di assistenza, cura e impiego di manodopera molto più incisiva rispetto al resto del Mondo». I costi destinati a produrre uva, quindi, «coincidono con la manutenzione del territorio, e finora gli agricoltori hanno sostenuto questi costi a favore della collettività, a titolo gratuito». Per questo motivo principalmente Triacca ha contribuito a dar vita alla Fondazione Pro Vinea: «Far riconoscere questo territorio come territorio dell’Umanità è un modo per far sì che venga creato uno strumento finalizzato al mantenimento di questa agricoltura di montagna, al fine di far cadere la manutenzione del territorio sotto altri capitoli di spesa e di finanziamento». Un aiuto concreto a tutti gli agricoltori, quindi, per «camminare tutti insieme per il bene della Valtellina».

L’amore per il territorio, la voglia di fare bene, scaturisce dalle parole di Triacca, che continua sottolineando dati: «Da uno studio dell’Università di Bologna, emerge che il 40% dei costi sostenuti dagli agricoltori di montagna riguarda proprio la manutenzione del territorio; con il riconoscimento Unesco, sarà più semplice attingere a finanziamenti europei per la manutenzione del territorio». Riguardo al ricambio generazionale, che mette in forse il futuro dell’agricoltura di montagna, non ha dubbi: «Occorre permettere all’agricoltore di mantenersi con questo lavoro, condurre una vita dignitosa così da rendere appetibile il lavoro, che deve essere umanizzato. In vista di questi obbiettivi sono necessari investimenti, è una strada lunga».

E il riconoscimento Unesco? «Abbiamo grosse possibilità, dovremmo farcela». Un obiettivo, questo, che unisce Valtellina e Valposchiavo: «Occorre vedere la Rezia unita, com’è stata in passato, separata poi dall’uomo, dalla politica e dalla storia. Il Trenino Rosso può essere visto come un cordone ombelicale, che va a ricucire i rapporti propri della Rezia stessa. E sul cammino verso questi ambiziosi obiettivi, la cantina Triacca è stata giudicata la migliore della Lombardia dall’Associazione Sommeliers: «Tutti e quattro vini da noi presentati hanno ricevuto la menzione di “vino eccelso”, ovvero le quattro rose camune. Siamo molto orgogliosi del Premio Speciale “Il sano”, perché riassume in modo esemplare la filosofia della nostra azienda».

 

Cristina Culanti

(da Tirano & dintorni, giugno 2007)


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