Palmiero Scandale e Luigi Murolo
Lo scatolone di sabbia
La Riflessione, 2006, Pagg. 112, € 10,00
Felice incontro quello tra Palmiero Scandale (1939) e Luigi Murolo (1981). Il primo, scrittore per diletto, mosso da un fervente desiderio di dipingere con le parole i suoi pensieri; il secondo, amante della letteratura e del trasporre in scrittura indecifrabili emozioni che altrimenti rimarrebbero taciute. Un incontro, quindi, di esperienze e generazioni, che, sebbene distanti, sono al contempo desiderose di attingere l’una dall’altra tutto ciò che può contribuire alla formazione e all’arricchimento umano.
È questa la formula che soggiace alla loro prima “doppia penna”, Lo Scatolone di sabbia, che si propone al lettore come un sereno confronto emotivo dell’atto del ricordo e del racconto delle contraddizioni della loro terra: la Sardegna, in cui agli scenari cittadini di una risorta e mondana Cagliari degli anni ’50 si contrappongono l’asprezza e la durezza della vita delle miniere e dei suoi abitanti. Il motivo del viaggio e della crescita interiore ci accompagnano tra questi luoghi, fornendo al lettore un unico strumento, alla pari del suo protagonista Costantino: uno scatolone, nel quale il lettore potrà riporre tutto ciò che questo racconto sarà in grado di donargli.
Costantino, appunto, figlio di un minatore, Cosimo, che a seguito di una crisi economica che colpisce il suo paese, velatamente identificato con una località della Barbagia, si sposta dal nord al sud dell’isola, e in particolar modo nella zona mineraria tra Guspini, Monte Vecchio e Ingurtosu.
Dall’inizio del loro viaggio, dall’entroterra verso Cagliari, a Costantino viene affidato uno scatolone di cartone, legato stretto con dello spago, custodia che diventa metafora della sua crescita durante lo svolgersi della vicenda.
Giunto a destinazione nel villaggio adiacente la miniera, Costantino fa la conoscenza di Giuseppe, un giovane ragazzo della sua età, avvezzo alla vita della miniera e dei suoi aspri paesaggi. Tra i due nasce una fraterna amicizia che li porta a vivere un’appassionata vicenda che vede i primi moti dei lavoratori dell’isola battersi per una giustizia salariale allora inesistente, intrecciarsi con il tenero amore di Giuseppe per una sua coetanea e un misterioso atto di violenza nei suoi confronti.
L’epilogo del racconto segna un punto di cesura con la tradizione di sfruttamento e di soprusi dei lavoratori che aveva caratterizzato quei luoghi prima del loro arrivo nella valle di Monte Vecchio, lasciando al protagonista Costantino una speranza di affermazione nella sua terra, per il suo futuro di uomo. (l.m.)