Politologi ed esperti sociologi sostengono - da qualche tempo - che la democrazia, come forma di governo con sovranità esercitata dal popolo, è malata; è affetta da diverse patologie tutte riconducibili - teoreticamente - alla globalizzazione, madre di disuguaglianze, con successive spinte verso nuovi e pericolosi “sovranismi” nazionalistici.
Il malessere più tangibile si manifesta ad ogni elezione quando i cittadini, chiamati ad esprimere col voto la propria volontà, rispondono con il “non–voto” incrementando il cosiddetto astensionismo, fenomeno in continua crescita. Lo si considera, comunemente, come una forma di protesta contro la politica, inefficiente e corrotta che dovrebbe fare un’auto critica ed in iniziare un processo di cambiamento.
Coloro che non votano non si riconoscono in nessun partito.
Coloro che non votano vorrebbero una classe politica adeguata ai compiti di governo: molti dei ministri si rivelano impreparati e di fronte ad un quesito diretto cercano di sfuggire, altri rivendicano onestà e competenza platealmente assenti nei loro comportamenti.
Coloro che non votano vorrebbero che i politici non fossero presuntuosi e non assumessero atteggiamenti di superiorità verso i propri avversari, cosa non ammissibile in democrazia.
L’umiltà dovrebbe essere cifra caratterizzante di una classe politica in buona salute che cerca le soluzioni ai problemi attraverso le condivisioni e non alzando la bandiera di una pretesa superiorità morale e conoscitiva che nessuno possiede.
Oggi persiste la politica spettacolo dove ciascuno vuole recitare la parte del protagonista; tutti gli esponenti politici perseguono interessi esclusivamente personali e familiari, vedono solo se stessi, non sanno ascoltare gli altri né rispettare il pensiero altrui.
È questa la prima ragione per cui si spopolano i seggi elettorali.
I cittadini sono convinti che votare non serve a nulla avendo verificato che le mirabolanti promesse della campagna elettorale, puntualmente, vengono disattese.
Si acuisce pertanto il distacco tra la politica e i cittadini e si blocca il processo di superamento del capitalismo e il progressivo miglioramento della società in genere. Aggiungo infine che l’astensionismo, registrato nella maggior parte delle democrazie contemporanee, non si può attribuire soltanto alla carente classe politica, ma anche ad una radicale perdita di fiducia nella democrazia in sé, incapace ad operare un effettivo miglioramento della fascia sociale dei più poveri e svantaggiati.
Giuseppina Rando