Palazzo Arese-Litta in Corso Magenta 24, già di per sé splendido nella sua facciata di barocchetto lombardo, si trova in una zona fra le più ricche di Milano per testimonianze artistiche e culturali. A brevissima distanza da San Maurizio al Monastero Maggiore, la Cappella Sistina di Milano, a metà strada fra il celebre Ago, filo e nodo nella piazza della Stazione Nord e Sant’Ambrogio, non distante da Santa Maria delle Grazie e dall’Ultima Cena leonardesca, il palazzo gode davvero di una posizione privilegiata. E la dimora nobiliare, edificata fra XVII e XVIII secolo, ospita il più antico teatro meneghino. Vi ha sede il Centro di Produzione teatrale Manifatture Teatrali Milanesi, nel cui progetto confluiscono la sala per antonomasia del Litta, l’annessa Cavallerizza e il Teatro Leonardo in Piola, Città Studi, nei pressi del Politecnico di Milano.
Dal 16 al 20 ottobre ha avuto luogo, al Litta, la messa in scena di Anche i sogni impossibili - Il quindicesimo ottomila di Fausto De Stefani di e con Jacopo Maria Bicocchi e Mattia Fabris (produzione ATIR, scene Lucia Rho, light designer Roberta Faiolo), l’avventurosa, e virtuosa, sebbene non priva di eventi drammatici, storia dell’omonimo alpinista, oggi 72enne, asolano, quindi un uomo di pianura che a bordo del pallone aerostatico dei propri sogni ha saputo raggiungere la vetta dei quattordici 8000 del pianeta. Anche se ufficialmente gliene vengono riconosciuti tredici, in quanto la “conquista” del Lhotse avvenuta in un giorno di tempesta manca secondo taluni di una prova certa. Il nostro pensiero è che De Stefani, uomo scevro di sovrastrutture narcisistiche e autoreferenziali, di somma onestà intellettuale, toccò anche la cima del Lhotse. Ma non è così importante in fondo, poiché altri erano stati, e sono, gli intenti dell’alpinista della provincia di Mantova.
All’inseguimento di un sogno, come detto, un cimento interiore, quello di Fausto, l’esplorazione di più vasti orizzonti, la comunione con la Natura e l’intima comunicazione, l’empatia con le culture attraversate e le persone conosciute. Fino al quindicesimo 8000, vale a dire l’aiuto e l’assistenza all’infanzia e ai giovani del Nepal attraverso una scuola per cui incessantemente raccoglie fondi tramite conferenze o interventi vari. A ben vedere, questa è l’impresa più riuscita, che qualifica e definisce la sua essenza. Non il supereroe che ha scalato le montagne più impervie e vertiginose del pianeta, ma la persona trasudante umanità, una socialità di purezza e bene.
La pièce, dai contenuti insieme concreti e affabulatori – la materia vi si presta – è tenuta magnificamente in scena da Jacopo Maria Bicocchi e Mattia Fabris che sopperiscono ai pochi, ma perfettamente funzionali, elementi di scena con un racconto in cui s’intrecciano fantasia, visioni e la realtà estrema del vento e del ghiaccio, delle stelle sopra le, nonostante tante ascensioni, invitte cime. Perché nel gioco delle priorità è… «sempre l’uomo, le sue fragilità, le sue ambizioni, i suoi sogni e le sue contraddizioni. Ovunque Fausto sia andato ha sempre cercato di lasciare un segno, di comprendere la cultura del luogo, incontrare le persone, stringere relazioni, rispettare l’ambiente. Un percorso umano, molto prima che alpinistico, coronato dalla sua impresa più grande, forse l’unica di degna di portare quel nome, il suo XV Ottomila: la realizzazione della “Rarahil Memorial School”, una scuola in Nepal, nella valle di Katmandu».
La parola ancora ai due autori-attori: «Contadino, carrozziere, escursionista, alpinista, fotografo, ambientalista, attivista, Fausto è un sognatore da sempre. Fin da quando, bambino, ascoltava le storie di Mandelo, un vecchio vagabondo della Bassa Mantovana, che incantava i bambini delle cascine con i suoi racconti. – Salite sulla mia mongolfiera – diceva loro, e quella voce capace di dialogare con il vento e con i fiori li trasportava nei più remoti angoli del globo. Da quella mongolfiera, spinta dal vento della fantasia, Fausto non è mai sceso. È da quella speciale prospettiva tra sogno e realtà che ha visto il mondo, le persone che lo abitano e le diverse culture che lo popolano. Ripercorrere la strada di Fausto, dunque, significa non solo conoscere la storia di uno dei più forti e determinati alpinisti del mondo ma, soprattutto, immergersi in una visione del mondo. Un gesto di senso, concreto, duraturo, al servizio dei bambini e dei ragazzi di quel Paese che tanto gli ha dato. Ma Fausto non si è fermato. Ha continuato a scalare le vette dei suoi sogni fino a vederne realizzato un altro: “La collina di Lorenzo”, la sua dimora incantata. Lì, su quella piccola altura tra Brescia e Mantova, giungono bambini da tutta Italia, per imparare a conoscere la natura e l’ambiente. Tutti riuniti attorno a lui, mentre li porta in volo, sulla stessa mongolfiera che fu di Mandelo, ad esplorare il mondo. Bonatti, alla fine della sua carriera, si dedicò a quello che lui chiamava alpinismo orizzontale; nel caso di Fausto possiamo parlare senza sbagliare di “alpinismo umano”. La storia di Fausto supera di gran lunga i confini della montagna. Parla alla fantasia e alla capacità di sognare del bambino che dimora in ognuno di noi. E parla agli adulti che siamo o che diventeremo, che si dibattono nel trovare un senso alle proprie azioni e alla propria vita».
Una bella lezione di cui fruire in questi tempi di logiche illogiche in cui un bieco e ottuso mercantilismo politico-economico-militaristico e la legge del profitto consumano il corpo sociale, le anime individuali, le risorse della Terra e i ghiacci del globo. Citiamo ancora dalle note di regia: «Un punto di vista che ha la forza di indicare a tutti noi direzioni possibili pur non essendo per forza amanti della montagna. […] Siamo stati con Fausto, abbiamo mangiato insieme a lui, passeggiato, chiacchierato, sorriso, abbracciati e dopo un lungo tempo ci siamo messi a scrivere. Un percorso che è durato circa due anni prima di presentare a tutti il nostro lavoro. Uno dei commenti che più portiamo nel cuore è quello di Sara, sua figlia, che dopo aver visto lo spettacolo ci disse: Ho conosciuto più di mio padre in quest’ora e un quarto, che in quarant’anni di vita».
Jacopo e Mattia costituiscono la Compagnia Slegati, che si muove per ogni dove, anche organizzando e portando spettacoli, fra cui Un alt(r)o Everest, in altura, nei rifugi, prati in quota, boschi e falesie, da Catania (l’Etna è ben oltre i 3000 metri di altezza) a Bolzano. Slegati con coerenza e felicemente camminanti.
Per tornare alla stagione 2024-2025 di MTM (info www-mtmteatro.it) – Respiro-Questo alito d’aria che il rinfrescarsi della notte… (da un verso di PPP) o In dolce brezza,/ respiro del crepuscolo,/ la vita nasce. (Matsuo Munefusa Bashō) – il panorama degli spettacoli è oltremodo vasto e stimolante: fra gli altri, al Litta, César Brie, Luigi Pirandello, Euripide, Dostoevskij, Eschilo, Čechov, Pierre de Maurivaux. Originali e adattamenti. Un fascinoso viaggio di scoperta degli infiniti mondi che ci abitano.
Al Leonardo andranno in scena Shakespeare, i Kataklò, Molière, drammaturghi della contemporaneità, spettacoli comici o, anche, di divulgazione.
Perché… «Il teatro è come un respiro. È fatto d’aria. È un alito d’aria nel rinfrescarsi della notte. Un’aria che ferma l’aria del tempo reale, quello dei giorni tutti uguali e monotoni, il tempo delle preoccupazioni e delle ansie. Il teatro non è un facile rimedio per il tempo della nostra vita, ma è un regalo che ognuno di noi può fare a sé stesso. Il teatro è… respirare. Facciamolo, un respiro».
Alberto Figliolia