In tutta libertà
Gianfranco Cercone. “Hit man” di Richard Linklater
08 Luglio 2024
 

Si sa che il “lieto fine” di una commedia è generalmente rappresentato dal trionfo dell’amore. Ma quel “lieto fine” può essere a volte soltanto apparentemente ottimistico. Può costituire, anziché l’avvento o l’auspicio di un mondo rinnovato dall’amore, il consolidamento di un mondo corrotto, basato su valori sbagliati, ma ormai radicati, forse inalterabili. Così la commedia, senza perdere i suoi connotati di genere, potrà essere amara o magari cinica.

Uno di questi casi mi sembra il film americano Hit man diretto da Richard Linklater.

I due personaggi tra i quali nasce l’amore sono qui: l’insegnante di un college, il quale, come secondo lavoro, si presta a interpretare il ruolo di un killer per conto della polizia al fine di “incastrare” i suoi clienti; e una donna che è in un primo tempo tra quei clienti, perché vuole sbarazzarsi di un marito violento, ma che poi il finto assassino, mosso dalla tenerezza, spinge sulla via della redenzione.

Ma, come spesso capita nelle commedie, il film di Linklater non è soltanto la storia di due casi individuali, ma è il piccolo affresco di un mondo, il mondo in particolare dei mandanti, degli aspiranti assassini, che si presentano come esempi di una società dove la violenza è endemica, proibita ma anche segretamente accarezzata, come il lato oscuro del “sogno americano”, perché liberarsi di una moglie tirannica o infedele, o di un concorrente negli affari, sembra un modo per conquistare la propria felicità.

E tra le immagini più belle del film, ci sono le fotografie di quei clienti smascherati e arrestati dalla polizia, che hanno l’aria frastornata e delusa, come se appunto fossero stati bruscamente risvegliati da un bel sogno.

Ma il valore della violenza contamina fin dal prime fasi del racconto anche il protagonista della vicenda. È vero che egli impiega il proprio talento interpretativo a servizio della polizia e della giustizia.

Ma assumendo la maschera del killer risveglia in sé un fascino, un ascendente anche erotico, che era come represso fino a quando si limitava a svolgere il ruolo di insegnante. È quella maschera che seduce i clienti, che trovano incarnata in lui una libertà, una disinibizione, di cui non si sentono capaci. Ed è quella maschera, piuttosto che i suoi intenti edificanti, che suscita in effetti l’amore della donna con cui si unirà.

Non può sorprendere allora che quell’amore sarà cementato proprio da un omicidio. E quel delitto susciterà nei due, anziché senso di colpa, un compiacimento beffardo, perché al delitto non consegue un castigo e, come nei romanzi di Sade, sembrerebbe ormai affermato nel mondo il trionfo della crudeltà.

Insomma: la commedia di Linklater non vuole essere un intrattenimento evasivo. Pur divertendo, suggerisce una diagnosi della società americana, forse rudimentale, ma certamente amara e pessimistica, espressa in una forma cinematograficamente raffinata.

 

Gianfranco Cercone

(Trascrizione della puntata di “Cinema e cinema”
trasmessa da Radio Radicale il 6 luglio 2024
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