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Antonio Rusconi, “Tom”, partigiano di Rogolo deportato nei lager nazisti 
di Sergio Caivano
(Da sinistra:) Antonio Rusconi, Diana E. Segre, Carla Oneta, Pier Luigi Labbadia. Morbegno, 27/01/23
(Da sinistra:) Antonio Rusconi, Diana E. Segre, Carla Oneta, Pier Luigi Labbadia. Morbegno, 27/01/23 
30 Marzo 2024
 

All’età di 96 anni è scomparso a Rogolo il partigiano Antonio Rusconi “Tom”, nativo di Monza. La sua vita è segnata dagli accadimenti. L’8 settembre 1943 l’Italia chiede ed ottiene l’armistizio dalle forze Alleate. I tedeschi invadono massicciamente il territorio italiano. Nasce poi la Repubblica sociale italiana. Antonio, giovanissimo, matura sentimenti antifascisti che gli fanno fare la scelta definitiva. Passa con i partigiani della 55ª Brigata “Rosselli”, aderente alla Divisione “Garibaldi”.

Nel settembre 1944 si trova sui monti sopra Rogolo con i suoi compagni. Ed è proprio il 20 settembre, dopo un duro scontro con consistenti forze fasciste provenienti da Morbegno, che viene catturato ed imprigionato. Inviato in un primo tempo nelle scuole di Morbegno adibite a prigione, viene successivamente spedito nella caserma di Sondrio. Da qui è avviato al carcere milanese di SanVittore. Infine viene portato al noto binario 21 della stazione centrale di Milano con destinazione un lager in Germania.

Antonio sopravvive alla vita durissima del campo di concentramento. Nel dopoguerra a Milano aderisce alla CGIL e al PCI, dal quale si stacca dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria. Ritornato a Rogolo, nel corso dei lunghi anni che lo separano da quella truce esperienza, si spende per raccontare ai ragazzi delle scuole il suo vissuto.

Pieno d’iniziative, fa parte dell’Associazione culturale Gente di Rogolo, dove s’impegna al massimo delle proprie capacità. Offre al paese numerose testimonianze. In una delle ultime, pubblicata sul settimanale Centro Valle del 2 marzo 2024, ricordando la sua partenza verso il campo di concentramento, tra l’altro, riferisce: «…Davanti ad ogni vagone un tedesco è di guardia. Dietro, più staccato, un cordone di giovani fascisti della milizia è lì di rinforzo a controllare. Oltre il cordone, un folto assembramento di persone, uomini e donne osservano la scena. Il ragazzo che io ero allora cerca con gli occhi tra la gente, l’incontro di qualche viso noto. Dirimpetto, una ragazza dal viso dolce, guarda e saluta con cenni di mano. Il ragazzo le risponde, e poi continua a fissarla e a salutarla. Quel viso grazioso, in quel momento così difficile, sovrastato dalle incognite del futuro, aveva messo in moto nel cuore del diciottenne la potenza dei sentimenti, l’affetto, l’amore. “Vieni, vieni” fa segno lui, sorridendo, con il braccio. Gli occhi umani hanno una grande potenza magnetica. Quelli dei due rimangono allacciati. Quel cenno “vieni” mosse la ragazza. Si avvicinò al miliziano fascista che comandava e gli parlò con garbo implorante. Accompagnandola verso il ragazzo, oltrepassò il tedesco di guardia che non eccepì. Parlò il fascista: “ti vuole salutare” disse “svelti perché il convoglio tra poco partirà”. Lui saltò giù dal piccolo pendio sassoso che sostiene i binari. Un attimo e di slancio si abbracciarono. Meravigliosa quella stretta, meraviglioso scambio di cuori. Poi guardandosi negli occhi, umidi di lacrime: “sono Carla”, “sono Antonio detto Tom, ma le due mani che si tenevano forti, nella stretta, presto si staccarono. E sotto quegli ultimi raggi di sole di autunno, andando a ritroso, con gli occhi allacciati: “ciao Tom, ritorna, il mio cuore è con te”. “ciao Carla non ti dimenticherò mai”. Lui saltò nelle fauci del vagone e lo osservò allontanarsi. Ormai lontana, la vide girarsi verso il treno, alzare il braccio e salutare. Poi risuonarono gli ordini secchi, metallici dei tedeschi: “Chiudere le porte, sigillare i vagoni, via partenza”. Il convoglio, col suo ripetitivo rullio, nel buio incipiente, viaggiava verso l’ignoto. Il ragazzo che io ero, accovacciato sul legno del vagone sorride pensando ancora a lei. Com’è bella, com’è dolce! Che gioia quell’incontro… il treno piombato continuava la sua corsa verso i lager della morte».

Il racconto della deportazione di Antonio Rusconi lascia comprendere che uomo fosse. Non è un caso che, ritornato dalla terribile esperienza del campo di concentramento, non abbia mai espresso, nei confronti dei suoi persecutori, una sola parola d’odio o di rancore. Tutta Rogolo rimpiange un uomo libero ed onesto.

 

Sergio Caivano


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