Niviaq Korneliussen
La valle dei fiori
Traduzione dal groenlandese di Francesca Turri
Iperborea, 2023, pp. 320, € 18,50
Ci fa immaginare distese di fiori a primavera, La valle dei fiori, di Niviaq Korneliussen, “l’inaspettata stella letteraria groenlandese”, che scrive in groenlandese e danese, ed ha ottenuto con questo romanzo il Premio del Consiglio Nazionale Nordico. Invece si tratta di fiori di plastica di tutti i colori, sulle tombe di persone dimenticate. Si tratta del luogo dove riposa chi si è tolto la vita.
La protagonista è una giovane - di cui non si conosce il nome - dagli occhi a mandorla e dai capelli neri, che lascia la famiglia, a Nuuk, per frequentare l’università a Copenaghen. Ha una compagna, Maliina.
Sente il vuoto affettivo intorno a sé dopo la scomparsa della nonna da cui si è sentita davvero amata e non vede l’ora di andarsene, portando con sé il disagio profondo che è cresciuto con lei. Quando qualcuno le dice che se si rimane positivi si può superare ogni cosa, affiorano le sue ferite: “Se solo fosse così semplice. A volte vorrei riuscire a pensarla a quel modo: ma sì, c’è un motivo se i tuoi genitori ti scaricano in una casa di accoglienza non appena arriva lo stipendio e vengono a riprenderti quando non hanno più soldi per darti da mangiare come si deve dopo aver passato intere giornate a bere fino al collasso. C’è un motivo se spesso ti senti solo e stanco di vivere, stanco di farti menare da tuo padre, di essere violentato ogni volta che i tuoi alla fine del mese invitano i loro amici pedofili a casa”.
Una società in cui sembra che il clima gelido abbia reso freddi anche i cuori, ne abbia offuscato lo spirito di compassione, lo slancio verso il prossimo, visto che la gente guarda dalla finestra e ride di chi cade sul ghiaccio nella tempesta, senza correre in aiuto, perché ognuno deve sapere che non si esce con la tempesta, quindi peggio per lui! Un ambiente dalle tenebre lunghe che influiscono sulla salute mentale, tanto che è altissimo il numero dei suicidi: “Tra i giovani in Groenlandia c’è una vera e propria cultura del suicidio. […] Il più alto tasso di suicidi al mondo. Violenza, abusi, alcolismo”. Sembra che la maggior parte avvenga a giugno con l’arrivo della luce: “Non esiste una spiegazione certa del perché così tanta gente si tolga la vita in prossimità dell’arrivo del sole di mezzanotte. Un’ipotesi è che dormire troppo poco porti alla depressione. Un’altra ipotesi è che, dopo un inverno freddo e buio, ci si consoli con il pensiero dell’arrivo di giorni più caldi e chiari, ma quando questi finalmente arrivano ci si accorga che la vita non migliora”.
Copenaghen rappresenta la libertà e nuove prospettive di vita, ma il disagio lavora dentro questa ragazza che non si sente bene nel suo corpo, vede la propria diversità -troppo grassa, troppo scura- come un motivo di emarginazione, ha bisogno di contatti umani e li cerca nel modo sbagliato.
Il ritorno a casa in seguito al suicidio di una giovane cugina di Maliina, la porta in una parte della Groenlandia che non conosce. Lì scopre la valle dei fiori, Naasuliaidarpi, lì collabora alla ricerca delle ragioni che hanno portato l’adolescente a quel gesto, così si trova di fronte ad un sistema di prevenzione mal funzionante, dove gli aiuti tardano ad arrivare.
Ci sono alcune persone - le dicono come se fosse una cosa normale - che non si sentono adatte a vivere, ed è quello che prova lei, che crede di non essere capace di amare, gravata anche da un senso di colpa nei confronti della compagna con cui sa di non essere stata sincera.
Quando era alle superiori, nei momenti di crisi si rifugiava in una tana sul monte Corvo, la tana di uno spirito della montagna, uno di quelli che “si sentivano così indesiderati dalla comunità che preferivano lasciarla e vivere (qui) soli e al freddo”. Ma ora non ha la sua tana e non è più quell’adolescente. Anche se la nonna le ha sempre ripetuto “non permettere mai a nessuno di dirti che non appartieni a questo mondo”, lei scende sempre più in basso nel degrado fisico e morale, accarezzando il pensiero di morte nello stesso tempo in cui vorrebbe conferme di amore, mentre il vuoto le si allarga intorno.
Un romanzo coraggioso e doloroso, quello di Niviaq Korneliussen, di un realismo crudo e di una grande onestà intellettuale, proprio per aver osato rivelare le ferite di una società, cercando le ragioni del suo male. Non un atto di accusa, ma un gesto d’amore, un patire insieme alla sua gente, nel rispetto di tutti quei giovani che hanno avuto paura della vita.
Marisa Cecchetti