Lo scaffale di Tellus
Silvia Comoglio. “L’età della ferita” di Marco Ercolani
03 Agosto 2022
 

Marco Ercolani

L’età della ferita

Intorno ai “Diari” di Kafka

Medusa, Milano 2022, pp. 110, 15,00

 

È il 7 febbraio 2022 e Marco Ercolani rilegge i Diari di Kafka. Quella stessa notte Ercolani sogna di essere un filosofo praghese contemporaneo di Kafka che nel settembre del 1938 cominciava a leggere e a commentare la versione autografa dei Diari.

La datità del Tempo e poi quel varco onirico in cui la propria esistenza si espande fino ad incontrare un’altra esistenza, fino a scoprire che è possibile diventare l’intima sostanza dei pensieri di Franz Kafka, viverli nella loro assoluta profondità arrivando a scrivere L’età della ferita, pubblicata di recente dalle Edizioni Medusa.

Età e ferita. Età come Tempo, Tempo definito e circoscritto. Ferita come unica possibilità di essere del Tempo. Ma come esserlo? Combaciando con il dolore l’ansia e la mente di Franz Kafka. Ferita su ferita. Un combaciare di ferite che equivale ed è un reicarnare la ferita. Ferita, dunque, che si reincarna. Che si riappropria della sua identità. Che segna e incide il Tempo.

E questo succede perché un uomo attraversato da un sogno si è scoperto ampliato, dilatato. Marco Ercolani, uomo e autore. Marco Ercolani filosofo praghese (e attenzione, l’uomo che Ercolani diventa nel sogno non è menzogna o finzione, ma logos e pensiero). E ancora Marco Ercolani Franz Kafka, la ferita che si reincarna.

Esistenze tempi e linguaggi che si saldano gli uni agli altri. Un vortice, questo, che è agli antipodi di tutto ciò che è prigione o costrizione, assoggettamento o sottomissione, perché in questo vortice Marco Ercolani può disporsi, e si dispone, in modo del tutto autonomo e incondizionato, potendo scegliere se la ferita è aperta, chiusa, tatuata, cicatrizzata...

Scrive il 28 settembre 1915 Franz Kafka: Perché è insensato domandare? Lamentarsi significa far domande e aspettare la risposta. Le domande però, che non rispondono a se stesse sul nascere, non trovano mai risposta. Non ci sono distanze tra chi domanda e chi risponde. Non ci sono distanze da superare. Assurdo quindi domandare e aspettare.

Franz Kafka e la domanda. E a seguire Marco Ercolani/filosofo praghese: Franz mi confidava spesso che per lui non esistevano domande. Noi siamo le domande e le risposte, per come siamo nati, per come esistiamo. Non dobbiamo aspettare nulla: solo il mio dolore non mi permette di varcare quella porta che tante volte ho descritto nelle mie parabole. Senza quel mio dolore l’avrei già normalmente varcata. Ma, non varcandola, sono realmente me stesso: sono io la domanda che ha dentro di sé la perfetta assenza di risposta. Io sono realmente uomo, anche se non avessi questa penna tra le dita.

Franz Kafka e Marco Ercolani/filosofo praghese nel nodo della domanda. In quel bivio domanda/risposta che è mondo e negazione del mondo. Annullamento di distanza, la stessa che Kafka individua tra chi domanda e chi risponde. E a tenere e tenerci sull’orlo di questo bivio ‒ il dolore. Il mio dolore. Quel dolore da cui non è possibile prendere distanza se si vuole realmente essere.

Ecco, qui è il punto, l’annullamento della distanza, l’assenza di distanze da superare. Cosa che vale per questa specifica circostanza domanda/risposta e io/dolore ma che è anche alla base di tutta L’età della ferita. Perché è questo, l’annullamento delle distanze, ciò che si realizza, che Marco Ercolani realizza, in quest’opera. E su questo annullamento tutto si fonda e esiste/coesiste consentendo alla ferita di reincarnarsi e a Marco Ercolani di essere contemporaneamente se stesso il filosofo praghese del sogno e Franz Kafka.

 

Silvia Comoglio


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