Il 10 giugno di quest’anno è scomparsa Maria Cervi. Un malore improvviso l’ha stroncata nella sua casa di Campegine. Ho avuto la fortuna di conoscere Maria Cervi, figlia di Antenore, uno dei sette fratelli fucilati dai fascisti, e nipote del leggendario Alcide Cervi. Ecco la storia. Alcide Cervi, e la moglie Genoeffa Cocconi, mettono al mondo nove figli: Gelino, Antenore, Diomira, Aldo, Ferdinando, Rina, Agostino, Ovidio, Ettore. Sono affittuari di un appezzamento di terreno con cascinale a Campegine, in provincia di Reggio Emilia. Lavorano sodo la terra, apportando diverse innovazioni per aumentarne la fertilità. Acquistano a rate un trattore. Trasformano il terreno in un vero e proprio podere. Cattolici di formazione, vengono attratti dalle idee socialiste e sviluppano una coscienza di classe. Diventano decisamente antifascisti. Nel corso della guerra, nascondono alcuni prigionieri alleati e antifascisti perseguitati. Il podere diventa un porto sicuro anche per i partigiani. Gelino e Antenore hanno frequenti contatti coi partigiani della zona. A seguito di una delazione, un giorno di novembre del 1944 irrompono nella cascina i militi della Guardia nazionale repubblicano. I sette fratelli vengono incarcerati, torturati in continuazione, ma non parlano. Il 28 dicembre 1944, a Reggio Emilia, sono addossati contro un muro e fucilati. Nonostante la tragedia subita, il resto della famiglia festeggia il 25 aprile 1945. Dopo la Liberazione il padre Alcide, invece di macerarsi nel dolore, reagisce andando per tutto il Paese a testimoniare quanto accaduto alla sua famiglia e a condannare il fascismo, diffondendo idee di libertà. In questo suo lungo peregrinare lo accompagna la nipote Maria.
Maria Cervi è figlia di Antenore, il secondogenito della famiglia, uno dei sette fratelli fucilati. In quel momento Maria ha sette anni. Qualche anno dopo, segue il nonno Alcide, il mitico papà Cervi nelle sue peregrinazioni in tutta Italia. Alla sua morte ne raccoglie l’eredità, facendo opera di testimonianza del valore delle lotte per la Resistenza. Diventa la principale promotrice dell’Istituto Cervi di Reggio Emilia, in aggiunta al Museo Cervi di Gattattico, un vero e proprio Museo per la storia, già nato per volontà del nonno Alcide.
Noi la ricordiamo e la ringraziamo per essere venuta, dietro invito dell’Anpi provinciale, nelle nostre scuole a testimoniare l’importanza della libertà e della democrazia. Di lei rammentiamo anche quel suo aspetto solare e semplice di contadina emiliana qual’era e quale aveva voluto restare. Con Rachele Brenna la presentiamo agli studenti che restano affascinati dalla semplicità delle parole utilizzate per descrivere fatti storici di assoluto rilievo riguardanti la sua famiglia e quelle di tanti italiani. Voglio solo, in questa sede, ricordare di lei la risposta, toccante e significativa, data ai ragazzi a seguito di una loro esplicita domanda: “Noi sapevamo chi fosse il delatore che denunciò la nostra famiglia” dice agli studenti di una scuola di Sondrio, “ma, dopo la Liberazione, non abbiamo cercato vendette: lo vedevamo ogni tanto, ma non gli abbiamo mai detto niente”. Questi erano i Cervi.
Adesso che non ci sei più, cara Maria, avvertiamo il bisogno di ringraziarti ancora per essere venuta fino a Sondrio a parlare ai ragazzi delle scuole. Grazie per quanto ci hai detto e soprattutto hai saputo insegnare non solo ai giovani studenti ma anche a tutti noi. Ti ricorderemo sempre con ammirazione, affetto e gratitudine.
Sergio Caivano